Gli outsiders e la manutenzione del motorino

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Una degli aspetti che ha segnato profondamente l’infanzia mia e dei miei fratelli è stata sicuramente l’avversione di nostro padre per tutto quello che era mainstream.
Avversione che è passata solo di recente, ora il Nonnomario si sta concedendo una terza età agiata e massificata il giusto, troppo tardi in ogni caso, per non aver inciso nella nostra psiche, consegnando ai posteri tre bastian contrari cagacazzi che apriti cielo.
Va detto che spesso mio padre (lui in particolare, e a mia madre il merito di essersi sempre fidata) era talmente avanti da esserlo troppo. Famosa l’apertura di una piccola società per l’installazione di pannelli solari nel 1982, o l’installazione di un impianto a gpl sulla 131 mirafiori del 1977 con la conseguente occupazione di tutto l’ampio bagagliaio della berlina testè acquistata per problemi di spazio.
Ma torniamo a bomba. Avete presente il Jolly Invicta? In sostanza il primo contenitore per la scuola ad assurgere alla dignità di “zaino” mentre prima c’era “la cartella”. Ora, da metà anni ottanta in poi tutti avevano il Jolly. Tutti i fichi, almeno.
Io no, io avevo l’Invicta Kasko! Nessun altro aveva l’Invicta Kasko. Le battute si sprecavano: “È in omaggio con l’assicurazione?”
Tutto perché aveva due cerniere che aprivano un enorme tascone per riporre il Casco (che da poco era diventato obbligatorio anche sui ciclomotori). Che peraltro era poi impossibile da portare sulle spalle, perché provate voi a girare cun uno zaino che sbalza di fuori di mezzo metro (senza parlare della vergogna).
Che poi il Casco era arrivato pure tardi. Ancora mi viene il magone se penso a quella notte di Natale in cui, quattordicenne già da 9 mesi, tornai dalla messa di mezzanotte sicuro di trovare sotto l’albero un pacco grandicello, almeno un piccolo scatolone 30×30.
Invece c’era un pacchettino rotondo di una decina di centimetri. Era buio, ma si capiva che non era un casco, insomma.
Infatti era una cintura. E non una El_Charro borchiata. No no. Neutra.
Però qualche tempo dopo il casco arrivò e via motorizzati. Avevi L’Oxford? Ricordate l’Oxford? Tamarrissimo: con le marce, il sellone e gli ammortizzatori.
No
Il Ciao? Quello che avevano tutti, un po’ da femmine, ma evergreen.
No
Il Si? Il fratello scemo del Ciao.
No
E che Motorino avevi?
Il Gilera CBA. Verde mare. Praticamente il motore del Ciao montato su un telaio di una Guzzi 1000. Velocità massima 25 km all’ora. Ricordo che andando a scuola i ciclisti mi usavano per tagliare l’aria e non c’era verso di scrollarseli dalle ruote.
Poi è passato a mio fratello che lo ha elaborato con marmitta, carburatore, manubrio aereodinamico, puntine (mi pare). E niente, aumentarono solo le vibrazioni, fino a rompersi in due.
Lo odiavo il Gilera CBA, ma ci ha portato in un sacco di posti.
E ieri, mentre lo raccontavo ai miei figli, ho cercato una foto su internet e sono rimasto sorpreso di averne trovata una proprio del colore giusto.
L’ho spedita a mio fratello e si condivideva che visto così, quasi trent’anni dopo, non è neppure così brutto.

 

(dal blog Stratobabbo)