Incontri ‒ Filosofia in un bar del centro di Schio, appena finito il lockdown

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

Ho conosciuto la signora Teresa quando, dopo il lockdown, hanno riaperto i bar a Schio. La sensazione era alienante quella mattina. Eravamo solo noi due come clienti, a pochi metri uno dall’altra. Ci siamo guardati un attimo e lo sguardo diceva già molto, felici di godere d’una colazione fuori casa dopo mesi e al medesimo tempo inquieti, anche perché la cameriera ci aveva spiegato in breve le regole da rispettare e sembrava preoccupata.

Il dialogo, verosimile e che è stato in dialetto, lo metto qui in lingua italiana. Alcuni pensieri di Teresa mi avevano incuriosito e perciò avevo appuntato subito quanto ci eravamo detti.  «Signora, temo che ci vorrà un po’ di tempo per tornare alla normalità, non crede?».
«Credo che non vivremo più la normalità di prima per anni…».
«Forse dipenderà dalle cure mediche o dal vaccino».
«Ma io intendo altro, non le questioni sanitarie».
«Che cosa intende dire?».
«Ci fidiamo meno di tutto, prima era una cosa mentale, ora è fisica».
«Cioè lei mi sta dicendo che qualcosa di più profondo si è ficcato dentro di noi, una non fiducia diversa da prima?».

«Sì, e le dirò di più…».
«Mi dica».
«Ho una nipotina di sette anni e sua madre, che è mia figlia, è rigidissima. Una prudenza giusta ma che in qualche modo io trovo a volte esagerata. Sono stata chiusa in casa e anche loro, che problema ci può essere incontrarci?».
«Mi permetta di spezzare una lancia a favore di sua figlia. A parte le prudenze e le norme dei decreti, non pensa che ognuno stia reagendo scavando nelle proprie paure e che questo sia a volte imprevisto nelle persone che noi pensiamo di conoscere bene?».

«Verissimo! Ho riscoperto mio marito e mia figlia in queste settimane e in qualche maniera ci ha unito nonostante le diversità di vedute».
«O in altri casi le persone si sono allontanate…».
«Una mia amica mi ha confidato che con il marito è stato molto differente da come io ho vissuto la stessa esperienza con il mio di marito».
«Essere chiusi in casa ci ha obbligato a entrare in contatto con le emozioni più profonde senza scusanti, non pensa?».

«Certo e poi mi è nata un’idea in testa».
«Di che tipo?».
«Nella mia vita sono stata fortunata, per tanti motivi, e forse le sembrerà ridicolo ma ho capito che devo ritornare qualcosa agli altri. Negli anni mi sono dedicata soltanto al lavoro e alla mia famiglia e sono felice di averlo fatto, ma non mi basta più».

«Mi pare una buona idea. Quindi, se ho capito bene, vorrebbe fare volontariato?».
«Sì, esattamente».
«Di che tipo vorrebbe farlo?».
«Un giorno pensavo che ci fossero tante persone sole, chiuse in casa senza amici e conoscenti o comunque con pochissimi contatti. La pandemia ha peggiorato le loro situazioni. Mi piacerebbe portare un po’ di conforto a loro, anche se non saprei come».
«Forse contattando intanto qualche associazione di volontariato».
«Sì, faro così. Ho un’amica che fa molto volontariato da anni e qualche volta ho pensato che lo facesse soltanto per sentirsi più brava agli occhi degli altri, avevo perso di vista la reale concretezza che lei porta da anni nella società…».

«Dovrebbe dirglielo, forse potrebbe apprezzare questa sua nuova visione delle cose.»
«Ci pensavo poco tempo fa, ecco un altro aspetto buono della pandemia, mi ha costretto a rapportarmi con più serietà verso la verità. Non fraintenda, è un mio valore che a volte però ho messo da parte per il quieto vivere. Chiusi in casa mio marito e io ci siamo raccontati cose che non sapevamo uno dell’altro e mi è venuto il desiderio di farlo con qualche amica, non so come dire, provare a pensare a voce alta senza prudenze.»
«Prima parlava di minor fiducia in circolo fra le persone, non è che semplicemente sta solo cambiando il tipo di fiducia?»
«Forse ha ragione. Non mi è mai capitato di avere una conversazione così con un estraneo, direi che sta cambiando qualcosa di sicuro!», sorridendo.

Ultimo sorso del cappuccino e ho salutato la signora, che ha ricambiato. Stiamo attraversando una tempesta, sarebbe bello che riuscissimo a badare all’essenzialità più di prima, come Teresa stava tentando di raccontarmi al bar.