L’Italia lascia l’Afghanistan dopo 20 anni, Guerini: Non torni a essere un luogo sicuro per i terroristi

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La bandiera italiana

Dopo 20 anni di missione l’Italia lascia l’Afghanistan. Il contingente italiano si ritira e le operazioni di rimpatrio dei mezzi e degli uomini impiegati (circa ottocento all’inizio di questo anno) che sono cominciate poco fa finiranno molto presto. È dello scorso maggio infatti la decisione degli Stati Uniti di accelerare con il ritiro delle proprie truppe, così come richiesto dal presidente americano Joe Biden. Il contingente Usa dovrà lasciare l’Afghanistan entro la metà di luglio, e dunque prima della data simbolica dell’11 settembre, giorno dell’attacco alle Torri Gemelle.

Il ministro della Difesa Guerini è volato ad Herat per il saluto finale ai militari e per l’appuntamento dell’ammaina-bandiera alla base di Camp Arena, che tornerà nelle mani delle forze di sicurezza locali. “Non vogliamo che l’Afghanistan torni a essere un luogo sicuro per i terroristi – ha affermato da lì il ministro -. Vogliamo continuare a rafforzare questo Paese dando anche continuità all’addestramento delle forze di sicurezza afghane per non disperdere i risultati ottenuti in questi 20 anni”. La lunga missione in Afghanistan, tra Herat e Kabul, è costata la via a 54 militari italiani. Circa 700 sono invece quelli rimasti feriti.

Guerini ha poi speso parole di rassicurazione per il futuro dei civili afghani che hanno collaborato negli ultimi anni con il contingente italiano ad Herat. “Non abbandoneremo né loro né le loro famiglie: 270 sono già stati identificati e su altri 400 si stanno svolgendo accertamenti – ha detto il ministro -. Verranno trasferiti in Italia a partire da metà giugno“. Il rischio per queste persone è che, quando il contingente Nato avrà lasciato l’Afghanistan, possano cominciare a subire ritorsioni da parte dei talebani, che continuano ad attaccare un territorio dall’equilibrio precario, anche per via delle fragili istituzioni locali, guidate dall’esecutivo di Ashraf Ghani.