Carola Rackete interrogata ad Agrigento: la capitana chiede all’Ue di agire

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Si è concluso dopo meno di quattro ore, al tribunale di Agrigento, l‘interrogatorio di Carola Rackete. La capitana della Sea Watch 3 è stata sentita stamane dal procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e dai sostituti Alessandra Russo e Cecilia Baravelli nell’ambito del primo procedimento a suo carico, quello che ipotizza il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la disobbedienza a nave da guerra.

Carola si è detta “molto contenta di avere avuto l’opportunità di spiegare tutti i dettagli del salvataggio del 12 giugno” ma spera allo stesso tempo che “la Commissione europea dopo l’elezione del nuovo Parlamento faccia il possibile per evitare queste situazioni e che tutti i Paesi accettino le persone salvate dalle flotte di navi civili”. “Cosa penso di Salvini? Niente” ha detto poi la comandante ai giornalisti, uscendo dal palazzo di giustizia di Agrigento.

Con lei i suoi difensori, gli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini. “Carola è libera – ha detto quest’ultimo – non è stato convalidato alcun arresto, se vuole tornare in Germania”. ” Lei non è più capitata della Sea Watch – ha aggiunto –  c’e’ stato un cambio di equipaggio. Del resto, fa anche altro nella vita.”

Gamberini è poi è tornato sulle minacce al procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e al gip Alessandra Vella definendole “intimidazioni gravissime soprattutto perché si svolgono su un territorio e che è anche di mafia”. “E fanno capire – continua il legale – il significato che assumono certe parole di odio che vengono irresponsabilmente da chi ha una responsabilità istituzionale. Questo è oggetto di una denuncia alla Procura di Roma”. “Che il clima di odio ci sia e che venga alimentato da dichiarazioni irresponsabili, aggressive e false come ha fatto il ministro Salvini sui social è pacifico”, denuncia ancora Gamberini. “Se uno le fa al bar, si dice che è un irresponsabile, ma se le fa un uomo che ha una responsabilità istituzionale, capite bene che il peso specifico che ha questa dichiarazione è ben altro – dice – E noi riteniamo abbia una valenza istigatoria, perché crea, come un grosso macigno nell’acqua, grandi onde intorno a se”.

Un sit-in di solidarietà a Carola Rackete si è svolto davanti l’ingresso del tribunale. A realizzarlo la rete delle associazioni e di liberi cittadini. “Salvare vite in mare non è reato”: questa la scritta in uno degli striscioni tenuto alzato davanti la porta di ingresso del palazzo di giustizia.

Intanto Amnesty International, dopo l’interrogatorio, ha chiesto il “ritiro delle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e resistenza agli ordini di una nave di guerra”. “Le infondate accuse mosse contro una giovane coraggiosa e di sani principi mostrano la determinazione con cui le autorità intendono intimidire e stigmatizzare coloro che salvano vite in mare”, ha dichiarato Elisa de Pieri, ricercatrice di Amnesty International sull’Europa meridionale.