Delitto di Garlasco: confermata la presenza del Dna di “Ignoto 3”


Nuovo capitolo del delitto di Garlasco con gli esiti sul tampone orofaringeo di Chiara Poggi analizzati nell’incidente probatorio. Dagli esami è emerso che dei cinque campioni, uno è quello dell’assistente del medico legale che nel 2007 effettuò l’autopsia sulla vittima, l’altro invece appartiene a un uomo sconosciuto ribattezzato “Ignoto 3”. Mentre gli altri tre sono illeggibili. Denise Albani, la genetista nominata dal gip di Pavia nell’ambito di questa nuova indagine, chiederà alcuni chiarimenti al medico legale che effettuò l’autopsia sulla vittima.
I chiarimenti richiesti al medico legale. Ecco la lista: come ha eseguito il prelievo salivare, perché ha usato una garza che non è sterile e non un tampone, chi era presente in sala autoptica oltre a lui e al suo assistente. Tutte queste richieste al dottor Dario Ballardini serviranno per capire se la traccia di Dna maschile senza identità, confermata dalla replica degli esami sul tampone orofaringeo della ragazza, sia frutto di una contaminazione o no.
La spiegazione sulla garza. Uno dei consulenti di parte ha spiegato: “Quella garza non era un tampone orale ma serviva a raccogliere il materiale biologico di Chiara per poi confrontarlo con gli esiti di tutte le tracce repertate sulla scena del crimine”. Si è appreso inoltre che quella garza serviva solo come materiale di confronto; sono stati effettuati cinque prelievi, di cui uno è compatibile con l’assistente di Ballardini mentre sull’altro, i consulenti che partecipano all’incidente probatorio, hanno un parere discordante.
Le divergenze tra i consulenti. Per alcuni il profilo che ha dato è “netto, completo e con 22 marcatori”, per altri, invece, mostra il profilo dello stesso assistente mischiato con quello di qualche altra persona che avrebbe inquinato la garza, magari maneggiandola senza gli accorgimenti necessari: tipo le pinze per esempio. In sostanza, questa seconda ipotesi farebbe pensare a una “contaminazione” ed escluderebbe la presenza di una seconda persona sulla scena del crimine. Insomma, a distanza di 18 anni, il delitto di Garlasco rimane un rebus pieno di zone d’ombra.