Messina Denaro, arrestati tre insospettabili

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Tre insospettabili sono finiti in manette nell’ambito delle indagini sulla latitanza di Matteo Messina Denaro . Sono l’architetto Massimo Gentile e il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone, mentre per Leonardo Gulotta l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Dalla cattura del boss, avvenuta il 16 gennaio del 2023, sono state arrestate 14 persone accusate di aver aiutato il capomafia ricercato, quattro di queste sono già state condannate.

Massimo Gentile è originario di Campobello di Mazara, il paese in cui il boss ha trascorso gli ultimi anni di latitanza, ma ora vive a Limbiate, in provincia di Monza, e ricopre un incarico amministrativo al Comune. È parente di Salvatore Gentile, killer condannato all’ergastolo e marito dell’amante storica di Messina Denaro Laura Bonafede. Tra il 2007 e il 2017 Massimo Gentile avrebbe ceduto più volte la sua identità al capomafia ricercato, consentendogli così di acquistare una macchina e una moto e di stipulare l’assicurazione sui due mezzi, di compiere operazioni bancarie, “insomma – scrivono gli inquirenti – di vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di riconoscimento”.

Per quanto riguarda Cosimo Leone, cognato di Gentile, i magistrati contestano di aver garantito al boss latitante, a novembre del 2020, di fare in sicurezza una Tac al torace e all’addome, di avergli consegnato un cellulare riservato durante il ricovero all’ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni in cui Messina Denaro venne operato di tumore al colon e di avergli fatto recapitare dopo le dimissioni il cd della Tac da mostrare agli specialisti che lo avevano in cura. Leone sarebbe stato, dunque, per il capomafia oltre che un indispensabile tramite con l’esterno durante l’intero periodo di degenza, anche un importantissimo punto di riferimento all’interno dell’ospedale.
Leonardo Gulotta è accusato di aver messo a disposizione di Messina Denaro, tra il 2007 e il 2017, la propria utenza telefonica per poter ricevere comunicazioni dal rivenditore della macchina acquistata sotto falso nome e dalle agenzie assicurative presso le quali erano state stipulate le polizze per la macchina e la moto comprate con l’identità di Gentile. Matteo Messina Denaro ha potuto dunque godere di una sanità efficientissima: esami effettuati in tempi record, una visita oncologica rapidissima, ricovero e operazione a soli otto giorni dalla diagnosi di cancro al colon ricevuta a novembre del 2020.

I pm parlano dell’esistenza “di una vasta, trasversale e insidiosissima rete di sostegno, ancora in minima parte svelata, che ha consapevolmente supportato le funzioni di comando del Messina Denaro, consentendogli una latitanza sul territorio, con documenti, auto e moto, esami clinici e contatti nel mondo sanitario”. La Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia che indaga sulla rete di fiancheggiatori del boss infatti scrive: “Ancora oggi, a distanza di poco tempo dalla morte di Matteo Messina Denaro, una totale omertà avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti e alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità. Si tratta di un’omertà trasversale – spiegano i magistrati – che di fatto, allo stato, ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti: nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire ai magistrati o alla polizia giudiziaria di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante o comunque rivelare quanto appreso direttamente, o anche solo indirettamente, sulle cure prestate all’importante capo mafia”.