“Processo familiare” a tavola dopo aver chiamato la Polizia. Un giovane finisce in psichiatria

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Una bizzarra telefonata raccolta dalla centrale di Polizia di Stato di Vicenza, con richiesta di intervento ad un indirizzo di Vicenza, da parte di un 30enne, ha dato il via ieri a un fatto inedito che stupito non poco gli operatori della Questura. Il tema di fondo, maltrattamenti in ambito familiare, è d’attualità quanto di cronaca. Anche se, nel caso specifico, al termine della giornata di riscontri puntuali di polizia non sarebbero emerse evidenze di reato da parte di alcuno, mentre il “denunciante” è stato trasportato coattivamente all’ospedale San Bortolo e affidato alle cure di specialisti del reparto di psichiatria.

Era l’ora di pranzo di martedì, ieri, quando una Volante del 113 si è recata al cospetto di una famiglia vicentina residente in città, su richiesta del giovane uomo che spergiurava al telefono di essere vittima da tempo di non meglio precisati abusi e soprusi da parte dei genitori e di un fratello, tutti tra loro conviventi.

Di fronte all’equipaggio una scena mai vista prima: il 30enne in piedi ad accusare con parole pesanti i genitori e il fratello, di fronte alla tavola imbandita per il pranzo, citando tutti ad uno ad uno come aguzzini per presunte violenze subite da loro. Nulla di tutto ciò era vero, come hanno appurato gli agenti e ha dichiarato la Questura oggi nella nota alla stampa, né mai il giovane vicentino in passato aveva puntato il dito in alcun modo contro i congiunti. Per di più, dopo aver – lucidamente? – interpellato il 113 per chiedere aiuto, il tutto all’insaputa dei parenti.

Come spiegato, sono risultati del tutto vani i tentativi prolungati dei parenti stretto di capire meglio a cosa si riferisse nel dettaglio il figlio e fratello. Agitatissimo e in modalità “fiume in piena”, in un clima surreale e allo stesso tempo di forte tensione, tanto da convincere i militari a richiedere il supporto medico al 118. Pur alla presenza dei poliziotti, infatti, non smetteva di accusare tutti per soprusi e violenze subiti da anni, “come fosse un processo in diretta” spiegano gli agenti, chiedendo loro di arrestare i presenti e portarli in Questura, di fronte ai familiari rimasti a bocca aperta e preoccupati, oltre che costretti a fornire giustificazioni in merito alle gravi accuse.

I familiari – si legge nella nota – declinavano ogni responsabilità e cercavano di interloquire pazientemente con il figlio per farlo ragionare sulle accuse mosse, evidenziando come fosse la prima volta che assumeva un simile comportamento e palesava simili addebiti. A quel punto i poliziotti, preso atto dell’atteggiamento dei familiari e dei discorsi alquanto sconnessi e contradditori del giovane, si vedevano costretti a chiedere l’intervento del Suem 118 per un consulto medico. Il ragazzo veniva accompagnato in ospedale per le necessarie cure del caso“.