Tragedia della Sisilla. Bepi Magrin “Chiudere montagna non è soluzione”

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La Sisilla (foto magicoveneto.it)

Fa ancora male e rabbia la tragedia occorsa sabato scorso sulla cresta della Sisilla, sopra passo Campogrosso. Matteo Dal Molin, 19enne di Arzignano, ha perso la vita scivolando giù dalla vetta. L’ultima di una lunga serie di morti avvenute sulla Sisilla, che hanno fatto aprire un dibattito sull’opportunità o meno di “chiudere la montagna” per evitare ulteriori tragedie.

Sul tema è intervenuto l’alpinista Bepi Magrin, una vita nel soccorso alpino e in montagna anche sopra gli ottomila. “Ero sul posto nel momento della morte del povero Matteo, e porgo le più sentite condoglianze alla famiglia. Chiunque abbia salito almeno una volta la cima, sa perfettamente che dal tracciato del sentiero è impossibile cadere sul davanti della parete, salvo a scavalcare la recinzione della statua – ha scritto Magrin – la caduta è avvenuta dai massi a sinistra (per chi sale), della statua, dove una serie di cubi di roccia intervallati da mughi e (forse al momento dell’incidente) coperti da un velo di ghiaccio si trovano in direzione sud-est e più precisamente dove una targa di bronzo ricorda l’apertura della via dedicata ad “Alberto Maltauro”, aperta da chi scrive con G. De Dea e poi Perlotto molti anni fa. L’evidente colatoio nero ben visibile a destra nella parete ne segna la direzione. Il luogo è fuori dal sentiero di circa una ventina di metri ed una specie di piccolo imbuto tra i massi, coperto da rami ed erba, nasconde il vuoto sottostante della parete. In tale punto è caduta anche la ragazza padovana, precipitata a due metri dal punto dove è caduto Matteo”.

“Matteo era normalmente equipaggiato per la montagna e non si può imputare all’abbigliamento, la disgrazia. La mia multi decennale esperienza di soccorso alpino e di alpinismo mi dice che si è trattato quasi certamente di inciampo o scivolata…(ghiaccio?) dunque pura fatalità – ha concluso Magrin – non ha dunque alcun senso che si parli di chiusura del sentiero, quest’ultimo, vista la forte frequentazione, nei suoi ultimi 50 metri (dalla selletta in su) andrebbe meglio sistemato con corrimano e qualche scalino metallico, ponendo alla sinistra della statua, fuori dal tracciato, un evidente cartello che segnali la pericolosità del luogo per chi si porti fuori dalla traccia.”