Autostrade, c’è l’accordo: niente revoca ma fuori i Benetton, entra Cdp

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

A un anno e undici mesi esatti di distanza dal crollo del ponte Morandi a Genova, pare esserci la svolta sul caso Autostrade. Al termine di un Cdm infuocato e durato circa sei ore, Aspi ha accettato le condizioni imposte dall’esecutivo e i Benetton si preparano a fare un passo indietro. L’intesa sarebbe basata proprio sulla fuoriuscita della famiglia, mentre allo stesso tempo la Cassa depositi e prestiti (Cdp) entrerebbe nel capitale sostituendo entro sei mesi o un anno la holding del gruppo, Atlantia. Cioè la società controllata proprio dagli imprenditori veneti che gestisce le autostrade italiane, e che di fatto passerebbero sotto direzione pubblica.

Si allontana dunque lo spettro della revoca della concessione anche se fonti governative fanno sapere che se gli impegni assunti questa notte non dovessero essere rispettati, allora “sarà revoca”.  In nottata, spiegano le stesse fonti, Aspi ha inviato quattro lettere diverse al governo, nelle quali ha man mano accolto “tutte le richieste”. Ai ministri Roberto Gualtieri, che ha portato sul tavolo del Cdm la proposta finale dell’azienda, e Paola De Micheli viene dato il mandato a definire gli altri aspetti dell’accordo. L’interlocuzione di Cdp deve iniziare entro il 27 luglio.

La transizione dovrebbe realizzare nel giro di sei mesi o un anno, e avverrebbe in due fasi: nella prima Cdp entrerebbe con il 51% e ci sarebbe lo scorporo di Atlantia (la holding dei Benetton che al momento detiene l’88% delle quote di Autostrade) che porterebbe il peso della famiglia Benetton tra il 10 e il 12%, soglia sotto la quale non si entra in Cda.  In questa fase Atlantia condividerà la quota di minoranza di Autostrade con gli altri azionisti. Nella seconda fase ci sarebbe la quotazione in Borsa che dovrebbe portare a una società con un azionariato diffuso alto, fino al 50%, in cui potrebbero entrare nuovi soci, con un’operazione di mercato, abbassando ulteriormente il peso della famiglia Benetton. Le tensioni hanno riguardato poi alcune condizioni poste dal premier Conte, non disposto a fare passi indietro: sul taglio delle tariffe autostradali, la modifica dell’articolo 35 del decreto Milleproroghe che riduce da 23 a 7 miliardi l’indennizzo in caso di revoca, la manleva per sollevare lo Stato dalle richieste risarcitorie legate al ponte Morandi e sul diritto di recesso, per il futuro, in caso di gravi inadempienze del concessionario risarcendo solo gli investimenti non ammortizzati.

L’ultima trattativa tra il premier Conte e i Benetton avviene durante un Consiglio dei ministri pieno di tensioni, con il presidente del Consiglio stretto tra dissidi interni alla maggioranza, l’irritazione di Iv – unico partito apertamente contrario alla revoca – e l’insofferenza del M5S. All’inizio del Cdm Gualtieri, che non sarebbe contrario in principio alla revoca, porta una nuova proposta di Aspi. Ma non basta, e parte così una lunga e dura negoziazione, che porta l’azienda a inviare al governo quattro diverse lettere nel corso della notte per perfezionare una bozza di intesa. Conte e anche il M5s, per la parte dell’assetto societario, si dichiarano subito insoddisfatti: l’uscita graduale di Benetton richiederà una negoziazione dai tempi troppo lunghi, secondo fonti pentastellate. Le trattative continuano e all’alba in Consiglio dei ministri arriva l’ultima lettera inviata da Aspi, che accoglie tutte le richieste del governo.