Draghi dal Meeting di Rimini contro “l’inazione europea”. Da Trump “sveglia brutale”

Credit: Meeting di Rimini

Mario Draghi dal Meeting di Rimini striglia l’indolenza europea, bloccata nelle sue lungaggini e nei suoi “riti”, mettendo in guardia però dal non cedere alla via breve della “sovranità nazionale”. Non c’è più tempo, ha detto l’ex premier: di fronte a un mondo che è già cambiato, e “non ci guarda con simpatia”, l’Europa deve “cambiare”, ora. O è condannata a rimanere “marginale” e “spettatrice” come si è dimostrata davanti alle crisi, dall’Ucraina, all’Iran, a Gaza e ai dazi. Poi sulla Cina ha detto: “non considera l’Europa come un partner alla pari e usa il suo controllo nel campo delle terre rare per rendere la nostra dipendenza sempre più vincolante”.

Draghi: “Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi”. “Per anni l’Unione europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata”, ha dichiarato Draghi, che sui dazi ha aggiunto: “Abbiamo dovuto rassegnarci”, alle tariffe imposte “dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere – ma in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa”. “Non è quindi sorprendente che lo scetticismo nei confronti dell’Europa abbia raggiunto nuovi picchi”, secondo Draghi.

Da Trump “sveglia brutale”. “A settembre del 2023 – ha ricordato Draghi- parlavo ma nessuno aveva la sensazione che le cose non andassero bene. C’era una situazione di complessiva tranquillità, questo sia nell’industria, sia nella politica, sia negli stessi servizi burocratici di Bruxelles”. E “di fronte a quello che succede viene in mente che forse la prima cosa da fare è stringiamoci tutti insieme”, gli Stati europei devono “imparare ad andare d’accordo”.

Per l’ex n.1 della Banca d’Italia, “soltanto forme di debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che, sforzi nazionali frammentati e insufficienti, non riuscirebbero mai ad attuare. Questo vale per la Difesa, soprattutto per ciò che riguarda la ricerca e lo sviluppo; per l’energia, per gli investimenti necessari nelle reti e nell’infrastruttura europea; per le tecnologie dirompenti, un’area in cui i rischi sono molto alti ma i potenziali successi sono fondamentali nel trasformare le nostre economie”.

Draghi punta il dito contro “L’inazione: il peggior nemico dell’Europa”. Oggi, ha continuato Draghi, “in alcuni settori il debito buono non è più possibile a livello nazionale poiché gli investimenti fatti in isolamento non possono raggiungere la dimensione necessaria per aumentare la produttività e giustificare il debito”. “La rigidità, la passività, creano inazione ed è quello che abbiamo visto” in Europa “negli ultimi 10-15 anni. L’inazione è il peggior nemico dell’Europa”. “L’Unione europea deve trasformarsi da spettatore o al più da attore comprimario, in protagonista e “prendere atto che la forza economica è condizione necessaria ma non sufficiente per avere forza geopolitica, potrà finalmente avviare una riflessione politica sul futuro dell’Unione”.

L’ex premier mette però anche in guardia contro il “ritorno alla sovranità nazionali”. “Distruggere l’integrazione europea per tornare alla sovranità nazionale non farebbe altro che esporci ancor di più al volere delle grandi potenze”, ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio nel suo intervento al Meeting di Rimini. “L’Europa è poco attrezzata. La nostra organizzazione politica deve adattarsi alle esigenze del suo tempo quando esse sono esistenziali: noi europei dobbiamo arrivare a un consenso su ciò che questo comporta”.