Frode nel tessile da 5 milioni: denaro “congelato” ai prestanome dopo 20 anni di affari sporchi

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Da un controllo notturno risalente al 2019 e condotto in un laboratorio di Schio i finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno fatto emergere un “sommerso” che coinvolge 8 imprenditori asiatici. Tutti di nazionalità cinese e denunciati, con proliferazione anche fuori del Veneto concorrendo a una rete di attività fraudolente, a scapito dell’erario italiano.

Per tutelare lo casse pubbliche e garantire la libera ed equa concorrenza nel mercato delle confezioni d’abbigliamento, le Fiamme Gialle hanno disposto e ottenuto dal Tribunale 657 mila euro grazie al decreto di sequestro preventivo eseguito nei giorni scorsi, relativo al solo “affare” delle fatture fittizie emesse in passato e accertate dagli esperti del nucleo finanziario. Nessuno, tra gli amministratori che si sono succeduti nel tempo alla direzione, avrebbe mai versato un solo euro di contributi fiscali e previdenziali, accumulando pertanto un debito milionario.

Spesso si trattava di operai ingaggiati per brevi periodi, solo sulla carta “titolari” e in realtà configurabili come le cosiddette “teste di legno”. In alcuni casi, sembra, a loro insaputa. In realtà i soggetti indagati sono quindi in tutto 17, connazionali tra loro, e si tratta di figure che a vario titolo hanno intrattenuto rapporto con l’azienda tessile di  Schio a partire dal 1998, ma che in oltre 20 anni di attività ha sistematicamente mutato denominazioni e composizioni dei quadri dirigenziali, pur mantenendo la medesima attività lavorativa all’interno della sede di confezionamento. “Dribblando” con questo meccanismo peraltro noto agli investigatori gli obblighi tributari nei confronti dello Stato ospitante.

Il denominatore comune nel valzer di ditte aperte e chiuse a ripetizione era il laboratorio artigianale, sempre lo stesso e sempre attivo nel tempo, “visitato” dai finanzieri scledensi circa due anni fa per acquisire documentazione commerciale e fiscale. L’edificio si trova in via Aspromonte a Schio, laterale di via dell’Industria, in un fabbricato isolato che non dava troppo nell’occhio. Insieme a loro anche una squadra inviata dall’Ispettorato del Lavoro di Vicenza. Secondo la Guardia di Finanza i vari titolari non versavano l’Iva e non attendevano ai contributi previdenziali per conto dei dipendenti, come impongono le normative italiane. Il “monte” debiti verso l’erario si aggira su una cifra importante: 5 milioni di euro, comprensivi degli interessi.

A completare il quadro nel corso del blitz erano emerse numerose violazioni accessorie, relative alla sicurezza sul posto di lavoro, come la presenza di estintori con contenuto scaduto da tempo e irregolarità su impianto elettrico e vie di fuga, ostruite da scatoloni di materiale in produzione. Trovato e acquisito anche un prezioso orologio Rolex. Il “direttore d’orchestra” individuato dagli inquirenti è risultato essere un nullatenente, come spesso avveniva in passato nello stesso settore tessile, che si sarebbe avvalso di contatti tra connazionali come prestanome, i quali poi restituivano in nero migliaia di euro.

Tra loro la moglie del sospettato e di recente giudicato come colpevole – Xuzao Zang il suo nome, 56enne già condannato a 2 anni e 2 mesi con rito abbreviato -, due figlie (nate in Italia a Thiene e Vicenza) e quattro amici stretti, tutti residenti in Veneto e in provincia di Varese dove si era spostato di recente, aprendo un nuovo laboratorio analogo a quello scledense a Gallarate. Anche qui è emersa un’attività illecita avviata con evasione stimata in 2,5 milioni di euro ulteriori e una serie di aziende collegate entrate nel novero delle indagini. Oltre a conti correnti della “cerchia” di Zang sequestrata anche una vettura di marca Audi.