Il pallone, la palestra e la chiamata in serie A. E’ “Ciccio” Cavedon a… dare il 5!

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Ogni mattina lui “punta” (da difensore) la sveglia tassativamente alle 5.55, la sua palestra di Motta di Costabissara l’ha battezzata 5Lab e, da buon centrale “vecchia (retro)guardia”, non occorre tanta fantasia per capire quale è il numero di maglia preferito. Un 5 che ha fatto parte di una fetta importante della sua vita sportiva anche nel futsal (il calcio a 5, appunto) sia come giocatore – qui nell’amatoriale – sia come preparatore fisico di più club vicentini tanto al maschile che al femminile. Oggi che fa parte dello staff del Venezia Calcio, club professionistico del calcio – con proprietà di vocazione internazionale – si gode l’onda ai vertici della Serie B guardando da vicino il mare. E addirittura quando qui ci approdò, due anni e mezzo fa, fu catapultato direttamente sui lidi dorati della  serie A.

Oggi, Francesco Cavedon, alias “Ciccio” così come è conosciuto praticamente ovunque, avrà pure lui ogni tanto i tipici e umanissimi “5 minuti”, ma si dimostra un dispensatore di brillantezza, energia e pure consapevolezza di sé. Dottore in Scienze Motorie, chinesiologo specialista in rehab e riatletizzazione, riveste una figura cruciale di quel “dietro le quinte” dello sport di ogni ordine e grado a cui BreakPoint dedica ancora una volta una puntata.

Ascolta “Anche in serie A lo chiamano Ciccio, l’angelo custode del rehab” su Spreaker. Che ha arricchito un po’ tutti, tra un caffè, qualche amarcord, le battute, le due “perle” musicali scelte dall’ospite, le curiosità e perfino nel fuori onda il ricordo di un’ammonizione comminata a suo tempo dall’intervistatore all’intervistato. Quel “Ciccio”, sempre chiamato così senza mai approfondire davvero l’origine di quel nomignolo portato come “marchio”.  Gli è stato affibbiatogli da ragazzino, come racconterà, quando giocava a calcio, ricordando curiosamente un bomber napoletano – Francesco “Ciccio” Baiano – con il quale aveva in comune in realtà proprio solo nome di battesimo, e nulla più. “Lui giocava in attacco, era piccolo di statura e moro di capelli, io difensore, biondo e alto”.

Si parla di lavoro, di sport e anche di famiglia, con Melania e il piccolo “Leo” – neocalciatore con il papà a dribblare i suoi mille impegni per essere presente alla sua prima partita -, e si viaggia da Schio dove Francesco è cresciuto da bambino, arrivando a Caldogno dove vive ai giorni nostri, passando per Motta dove per una volta ha sudato lui per primo – anche in vesti (sporche di sudore e calcina e polvere) come muratore, montatore di arredi e “pittore” – per mettere in piedi il suo centro fitness e di chinesiologia. Una grande tappa della sua vita/carriera, ma una, appunto. Da citare l’esperienza a Vicenza dove ha collaborato per una decennio nel vivaio del “Lane” biancorosso, fino a raccontare dello sliding doors che l’ha portato in Laguna, al calcio professionistico.

Un terre (o mare?) moto sulla vita personale dalle abitudini agli affetti, per non parlare della configurazione precedente del suo lavoro quotidiano, con un puzzle da migliaia di pezzi cascatogli dal cielo tra le mani tutto da “rimontare”. Imparando a dire qualche no in più, come ci confessa, e soprattutto, tornado alla sua famiglia, “dando più importanza alla qualità rispetto alla quantità del tempo a disposizione”. Il resto della chiacchierata è tutto da ascoltare nella 52esima puntata di BreakPoint al microfono di Radio Eco Vicentino, disponibile in podcast.

Una vita, quella del dott. Cavedon, mutata davvero in ogni aspetto e in cui un monopattino è diventato strumento quotidiano e indispensabile. Una vita, quella di Francesco o meglio dire ancora di “Ciccio”, che non ha mutato l’essenza di un eterno ragazzo il cui sguardo brilla di luce genuinamente e originalmente propria quando parla ad esempio del piccolo Leo, dell’ingresso allo Stadio San Siro curiosando tra i divieti, degli amici delle Silenziosa Scledum abbiando sport e sociale, del Silva Marano nell’ultimo (almeno fino al prossimo) dei suoi molteplici addii al pallone giocato, insomma di tutto ciò che nella vita lo ha messo e rimesso in gioco.

Francesco Cavedon ospite in redazione