Pendenze con il fisco per 1,3 milioni di euro. Indagini sui titolari di un’azienda meccanica

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Un momento dell'operazione della guardia di Finanza di Schio

Entra nel vivo l’indagine legata alla procedura fallimentare di un’azienda meccanica con sede a Schio, la V3 snc con sede in zona industriale in via Lago di Lesina, dove i titolari sono indagati dalla Guardia di Finanza per aver distratto – questa è la tesi sottoposta ai giudici del tribunale di Vicenza – parte del patrimonio per oltre un milione di euro, sottraendolo di fatto ai debitori, erario pubblico compreso.

Risale all’anno 2019, nel mese di marzo, il decreto di fallimento della ditta prima attiva nel settore della fabbricazione di macchine per l’industria. Cinque persone risultano indagate a vario titolo.

Secondo i finanzieri della tenenza di Schio, titolari dell’indagine, i dirigenti aziendali della società nel corso del dissesto finanziario avrebbero eseguito ingenti ma anche ingiustificati prelievi di denaro in contanti, senza delibera assembleare e nonostante la crisi acuta e l’insolvenza dell’azienda nei confronti di altri alti creditori nei loro confronti. Una serie di atti sospetti compiuti nell’ultimo periodo di attività economica, come travasi di entrate a società neocostituite senza ragione, risultano al vaglio degli inquirenti.

A cui vanno aggiunte le omissioni delle scritture contabili obbligatorie per legge nel triennio precedente alla chiusura definitiva, dopo in totale quasi dieci anni di stato di sofferenza dell’azienda, iniziata già nel 2010. I reati per cui sono indagati i soci dell’impresa e l’amministratore di fatto della stessa sono bancarotta fraudolenta, semplice e documentale, fallimento per mezzo di operazioni dolose e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Due gli accusati principali, entrambi vicentini: G.F. di Santorso (51 anni) e M.C. (43), di Schio. A loro però si aggiungono i nominativi di G.C. (72), F.F.G. (52), P.F. (53) e A.F.O. (51), parenti diretti e conoscenti a cui sono state intestate delle società sorte nel corso degli anni con rapporti diretti all’azienda “madre” insolvente. Le Fiamme Gialle, al termine del loro compito, hanno richiesto all’autorità giudiziaria il sequestro preventivo d’urgenza di beni per oltre un milione di euro, non concesso però dal Tribunale di Vicenza, che ne ha rigettato l’istanza preferendo non vincolare le somme disponibili a tutela dei creditori, tra i quali però rimane anche lo Stato italiano e “rappresentato” in particolare dal fisco.