Sgombero di casa Spezzapria: si apre il procedimento in Tribunale per 21 “venetisti”

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L'esterno dell'abitazione nella mattinata del 18 marzo

L’ordine di sfratto esecutivo, lo sgombero (tentato) da parte delle forze dell’ordine, le proteste e un animato sit-in, le denunce incrociate e infine le aule di giustizia che aprono i battenti. Approda in Tribunale a distanza di quasi due anni il tormentato caso altovicentino della famiglia Spezzapria – composta dai tre fratelli Denis, Loris e Silvia – di Piovene Rocchette, con culmine della vicenda raggiunto nel 2018 e gli strascichi giudiziari ad entrare nel vivo dopo il “raduno” anti sgombero avvenuto tra la notte e l’alba del 18 marzo. I tre consanguinei sono stati rinviati a giudizio, così come informa il Giornale di Vicenza nell’edizione odierna, insieme ad altre 18 persone afferenti del Clnv, acronimo di Comitato di Liberazione Nazionale Veneto, impropriamente definiti come “venetisti”.

In tutto saranno quindi 21 gli imputati – per buona parte vicentini di residenza -, assistiti dai loro legali per difendersi da diversi capi d’accusa. Dalla resistenza a pubblico ufficiale a occupazione abusiva di edificio, minacce alle forze dell’ordine e perfino alle violazioni al codice di navigazione aerea per aver utilizzato un drone non autorizzato per riprendere dall’alto le fasi calde del blitz dei carabinieri in tenuta anti-sommossa. Una sessantina di attivisti del movimento che si autodefinisce come apolitico costituiva in quelle ore una sorta di cordone di “difesa” della famiglia Spezzapria, organizzato dal comitato di liberazione nazionale. Tutti gli indagati sono legati dall’appartenenza al movimento che reclama l’autodeterminazione del popolo veneto, disconoscendo di fatto l’autorità dello Stato italiano e quindi le relative leggi nella regione.

Ragioni di principio che si intrecciarono con quelle più pratiche della famiglia piovenese, costretta alla fine ad abbandonare la dimora di famiglia in via Levà in seguito al fallimento di un’azienda tessile di cui erano contitolari, chiusa nel 2005. Una vicenda conclusosi a carte bollate con l’ordine di sfratto e il passaggio di proprietà coatto all’Istituto per le vendite giudiziarie, con il pieno possesso giunto solo nell’estate del 2018, a distanza di circa 8 mesi dai fatti di marzo. Culminati con momenti di tensione tra la frangia più intransigente dei manifestanti e la task force composta da Digos, poliziotti della Questura e carabinieri della compagnia di Schio. In tre, allora, finirono in pronto soccorso.