Sequestrati beni e liquidi per 330 mila a due titolari di azienda nel settore meccanico

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L’operazione “Saldatura” della Guardia di finanza vicentina smaschera un giro di denaro illecito, inguaiando la posizione di due titolari di un’azienda di lavorazioni meccaniche di Santorso, nell’Altovicentino. Alla ditta oggetto di verifiche di natura fiscale e tributaria sono stati sequestrati ben 330 mila euro, a tutela dell’erario pubblico, su autorizzazione del Tribunale di Vicenza. Sequestrati due edifici, uno ad uso privato e l’altro corrispondente al capannone sede produttiva, tre automobili, una motocicletta e vari titoli e depositi di risparmio, polizze pensionistiche e bene dieci diversi conti correnti “congelati”.

Titolari del fascicolo d’indagini avviato nei mesi scorsi sono i finanzieri di Schio, che nel 2019 avevano approfondito la documentazione presentata dall’azienda. Dai primi rilievi sono emerse subito una sessantina di fatture sospette, risultate in seguito frutto di una collaborazione illecita con una serie di società “cartiere”, utilizzate per mettere note contabili fittizie su operazioni commerciali di compravendita di fatto mai avvenute.

Sarebbero ben otto, di cui due vicentine e le altre distribuite tra Milano, Roma e Napoli, tenendo fede alle sedi legali dichiarate. Ai loro vertici, dei prestanome residenti in Campania, in buona parte pregiudicati legati alla malavita locale. Di fatto, risultavano tutte inattive all’Agenzia delle Entrate.

Di tutto ciò sono convinte le Fiamme Gialle scledensi, che hanno ricostruito gli “affari” dei titolari per oltre 750 mila euro di imponibile, per Iva non corrisposta pari a 167.507 euro nel quinquennio 2014-2018. A questi vanno aggiunti i danni per il mancato versamento dell’aliquota Ires, l’imposta sul reddito. Denaro confluito anzichè nelle casse pubbliche in fondi neri sparsi ad arte in più parti del mondo, difficili quindi da recuperare per le forze di polizia economico finanziaria chiamate a tutelare lo Stato attraverso la formula del sequestro preventivo di bene, che saranno poi incamerati in caso di sentenza.

Il denaro messo in circolo attraverso il complesso meccanismo internazionale di evasione dell’imposta finiva in vari paesi inseriti nella cosiddetta black list, come Cina, Turchia, Malta, Indonesia, Principato di Monaco e Cipro.  I reati contestati ai legali rappresentanti – C.M. e R.S. le iniziali fornite – sono la dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, in concorso con l’amministratore della società, che non risulta oggi tra i proprietari ma che, secondo la Guardia di finanza, ha svolto un ruolo decisivo nella vicenda godendo di ampie deleghe dopo aver ceduto la propria quota a un figlio, residente in Australia.