Valli 400 e la vita nelle terre alte. L’esperto: “L’Italia si è dimenticata di essere un popolo di montagna”

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Andare a fondo prima di tutto, nonostante lo sguardo sia rivolto alla cima. Capire il presente come basilare passo per orientarsi verso il futuro. E’ uno dei leitmotiv che finora ha contraddistinto la rassegna Valli 400 in queste prime serate d’autunno. Prima ancora di chiedere risorse, di investire, di programmare, è necessario scavare sul piano sociologico, applicato alla gente e al tema delle migrazioni interne tra pianura e montagna. E viceversa. Comprendere le ragioni e le motivazioni alla base della scelta di emigrare da una cittadina di media montagna come Valli del Pasubio, ma anche cosa spinge a compiere il percorso inverso. Di chi decide di abbracciare la vita di contrada o comunque di media altura o di intraprendere un’attività produttiva in questi territori. Affascinanti, attrattivi e accoglienti ma anche con peculiarità da conoscere e da accettare.

E’ da questa premessa che si è mossa la volontà di un questionario ai cittadini, prima di tutto per raccogliere informazioni utili su cui improntare le future politiche locali sul tema dell’emigrazione e dell’immigrazione da e per Valli. Valide come raffronto per altri paesi analoghi che da un secolo ormai fanno i conti con lo spopolamento progressivo di centri abitati, frazioni, contrade e valli.

A discuterne ieri sera sul palco del teatro San Sebastiano, in attesa del gran finale del week end a partire dalle 15 di oggi con gli altri eventi in calendario, sono stati ospiti esperti e membri dell’amministrazione comunale che hanno portato a termine un sondaggio nei mesi scorsi. Presente al dibattito anche il deputato vicentino on. Erik Pretto, che ha aperto la serata. I risultati emersi dai quesiti posti a cittadini ed ex cittadini di Valli del Pasubio sono stati trattati con competenza e chiarezza dal prof. Mauro Varotto, docente universitario di Padova che di recente ha preso casa nella vicina Posina e quindi con il surplus di costituire un conoscitore diretto delle dinamiche di montagna. Prima di lui hanno preso parola l’assessore al Sociale e alla Politiche Giovanili Fabiola Pozzer e il consulente del Comune Tommaso Ruggeri per delineare i contorni dell’iniziativa e ringraziare i tanti volontari che hanno collaborato all’indagine, ed è poi toccato al fondatore dell’associazione “Riabitare l’Italia”, il docente universitario Andrea Membretti, entrare nel vivo dell’argomento clou fornendo un quadro nazionale sulle migrazioni interne in Italia: mettendo in luce come incipt che tra Alpi e Appennini in passato ospitavano due terzi della popolazione, dunque in area di collina e montagna.

“In tanti se lo sono dimenticato, ma le radici di popolo di montagna rimangono. Nel tempo la gente è per così dire scivolata verso la pianura, creando un disequilibrio demografico e anche strutturale con cui ci confrontiamo oggi”. Il ricercatore, uno dei massimi esperti italiani sul tema delle migrazioni da e verso zone rurali e montane, ha poi evidenziato come si possa parlare di metromontagna, un cambio di mentalità e di punto di osservazione che tende ad abbattere la “divisione” tra vita di città e di periferia intesa come di provincia, di campagna e delle aree montane. Aree interdipendenti una dall’altra. “Le persone che vivono nelle terre alte sono i custodi della montagna – ha concluso il professore in collegamento video -, questi cittadini meritano delle politiche di sostegno mirato”.

Tanti gli spunti espressi ieri sera, riconoscendo come a tutt’oggi in Italia manchi del tutto una politica demografica, al pari di una montana (l’ultima legge ad hoc risale al 1992) oltre che misure di contrasto allo spopolamento evidenziate più volte nel corso di Valli 400. Proprio su Valli del Pasubio la sua gente in “entrata e uscita” è il focus dell’incontro, presentando gli esiti del sondaggio intitolati “Partire, Tornare, Resistere”, tre verbi all’infinito che invece definiscono i punti cardine emigrazione, immigrazione e stanzialità. Due dati di partenza: i cittadini di Valli nel 1921 erano 6.292, oggi 3.150. La popolazione lei vallensi si è quindi dimezzata in cent’anni. Con gradualità fino alla Seconda Guerra Mondiale, “a precipizio” dal 1951 in poi in anni di boom economico e dell’industrializzazione esasperata delle città. Negli ultimi vent’anni, invece, il saldo demografico registra un -500, che corrisponde al 12%. Di questo passo, il rischio tra un secolo è di non poter festeggiare il cinquecentenario del mercato, per dirlo con amaro sarcasmo. Le cause primarie? Lo spiega il prof. Varotto, che con il contributo della ricercatrice Tanja Kremenic ha lavorato sui dati raccolti dai volontari intervistatori. A incidere fortemente il calo generalizzato delle nascite come in ogni zona d’Italia, a seguire altre motivazioni (di lavoro e affettive tra le principali ma anche i minori comfort e servizi in alcuni casi) che spingono soprattutto giovani e famiglie composte da giovani adulti con bambini a scegliere di trasferirsi in altri luoghi, il più delle volte a una manciata di km appena di distanza (a Schio e Torrebelvicino in larga misura).

Chi ha lasciato valli negli ultimi tempi (27 gli intervistati) lo ha fatto per questioni affettivo-sentimentali (34%), motivi di studio (30%), vicinanza con il posto di lavoro (28%), oppure per esigenze abitative (8%). A far da contraltare nella serie di statistiche e percentuali offerte, la considerazione che l’81% tra i fuoriusciti mantiene un legame fortissimo con Valli del Pasubio e lo frequenta abitualmente, e nella fascia giovanili tra il 69% e il 79% intende rimanere da queste parti negli anni a venire. Tornano al calo demografico, è emerso come il saldo tra cittadini emigrati da e immigrati in paese, negli ultimi tempi, sia di sostanziale pareggio. Così come l’indice di mortalità rimane sostanzialmente invariato. A pesare quindi è soprattutto, anche qui, l’invecchiamento progressivo della popolazione in media – l’età media è passata in due decenni da 42 a 47 anni – “appesantito” dal crollo della natalità. A Valli, infatti, nel 2021 vivino due anziani (intesi come over 65) per ogni bambino di età minore ai 14 anni. Una dato da tener presente, anche se c’è chi sta peggio, in altri comuni della zona prealpina delle Piccole Dolomiti.

Di sicuro interesse l’intervento del consigliere comunale con delega all’agricoltura, Alessandro Galasso, imprenditore locale, agricoltore e allevatore che ha posto l’accento sulla diminuzione dei prati disponibili per il pascolo degli animali di stalla, e della parcellizzazione di questi fondi, con il bosco ad ad avanzare silenzioso e “mangiarsi” porzioni di erba materia prima essenziale per queste attività di pastorizia. “Basti pensare che solo qualche decina di anni fa erano state censite circa 1.700 vacche da queste parti – ha detto -, ora ridotte a 600. Il legame tra uomo, animali e natura è importantissimo e va rispettato, ma servono sostegni concreti sia per chi svolge attività come sostentamento primario sia per chi lo fa come attività secondaria, per continuare a garantire alta qualità che consegue dalla salubrità riconosciuta a questa nostra area montana”.

Comprendere oggi le ragioni di tutti, indirizzare richieste di investimenti in risorse agli enti pubblici regionali e nazionali, ripopolare contrade e valli di montagna. Valli 400 si propone tutto questo e anche di più, non limitandosi, per rimanere in tema, al proprio orticello, ma per creare le condizioni per poter parlare magari di Valli 500 tra un secolo.