Ditta fittizia in Istria per nascondere al fisco 9 milioni di ricavi. Nei guai marito e moglie

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Una delle due abitazioni sequestrate dalla Guardia di Finanza a Breganze

Si è fondata sull’asse Italia-Slovenia e più precisamente su quello Veneto-Istria la truffa ai danni dell’erario messa in atto da un imprenditore nel campo del commercio di preziosi di Breganze. Nascondendo ricavi per circa 9 milioni di euro secondo i finanzieri delle Fiamme Gialle vicentine. Si tratterebbe di un illecito orchestrato “in famiglia” da due coniugi.

Protagonista della vicenda di evasione fiscale internazionale, e per questo denunciato dopo mesi di accertamenti con il supporto della polizia tributaria slovena, un 49enne vicentino (P.P. le sue iniziali fornite) con la possibile complicità della stessa moglie, sulla carta formale proprietaria dell’azienda in Veneto, mentre il marito è risultato essere socio unico dell’attività fondata in Slovenia anni addietro.

Agli effettivi “manovratori occulti” della ditta vicentina, che di fatto operava solo con la controparte slovena producendo un elevato volume d’affari, è stato sequestrato per equivalente l’importo complessivo di 3 milioni e 824 mila euro. Liquidi e valori destinati alla confisca a tutela dello Stato in caso di condanna definitiva. Il 49enne breganzese risulta denunciato presso il Tribunale di Vicenza, dopo il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip. In sintesi, il commerciante di preziosi e orologi di lusso aveva manipolato la corretta condotta richiesta per operare nel mercato. Aveva acceso un’attività nella penisola d’Istria ma di fatto nel luogo indicato dagli incartamenti amministrativi non sussisteva una sede idonea nè munita di mezzi strumentali o personale, come specificano i finanzieri. Di fatto, era un capannone vuoto, specchietto per le allodole finalizzato ad accedere a benefici fiscali illeciti con la conseguenza di turbare il libero mercato.

Secondo la tesi investigativa gli affari si svolgevano in realtà a Breganze, dove tra l’altro in un ufficio è stato ritrovato il timbro con il marchio dell’azienda slovena. Un piccolo (di dimensioni) ma grande indizio. Acquirenti e i fornitori, non a caso, sono risultati italiani, altro elemento alquanto sospetto che ha recitato un ruolo decisivo nel convogliare le indagini. La ditta vicentina invece presentava come cliente unico la società in Slovenia gestita dal marito, operante nel commercio all’ingrosso di orologi e gioielleria. I successivi approfondimenti permettevano di constatare l’esterovestizione della stessa, ossia la fittizia sede all’estero, dal momento che, di fatto, era gestita esclusivamente dall’Italia.

Decisiva per mettere “nero su bianco” la denuncia conclusiva – riferita al quadriennio 2013-2016 – la perquisizione avvenuta presso l’abitazione privata del breganzese, “eletta” a stabile dimora proprio dai finanzieri a seguito dell’osservazione sul campo, ultimo tassello per dimostrare che l’attività si svolgeva concretamente in Italia. Omettendo di renderla “visibile” al fisco e quindi di versare le imposte obbligatorie. Motivo per cui d’ufficio è stata attribuito un numero di partita Iva e avviate le procedure finalizzate al risarcimento all’erario, quantificato per ora in  un milione di euro per la sola Iva non corrisposta. Oltre a denaro liquido in conti correnti e depositi di risparmio, la Guardia di Finanza ha sequestrato anche l’abitazione della coppia di coniugi e una villa sempre a Breganze che, proprio nei giorni precedenti alla conclusione delle indagini, era stata ceduta a titolo gratuito alle figlie. Anche in questo caso si tratta di una condotta non concessa dall’ordinamento.