Elezioni comunali, ricorso accolto dal Tar: sì al riconteggio e alla verifica dei voti

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Un'immagine del primo consiglio comunale con il secondo mandato al sindaco Piera Campana

Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso della minoranza in consiglio comunale e dovrà esprimersi con una sentenza entro la prossima primavera. Il secondo mandato di sindaco affidato a Piera Campana, prima cittadina di Breganze dal maggio 2014, rischia così di venire invalidato a 6 mesi dalla sua rielezione.

Un esito che gli abitanti nella città del Torcolato si ricorderanno come deciso “al fotofinish”, con l’attuale guida amministrativa del paese (Lista Breganze Attiva) confermata nell’incarico grazie a una manciata di voti in più – appena cinque preferenze – rispetto allo sfidante leghista Manuel Xausa. A decidere il riconteggio delle schede e affrontare un giudizio nel merito sulla cosiddetta riconoscibilità del voto è il Tar del Veneto, dopo aver accolto il ricorso presentato all’indomani delle elezioni comunali dalla lista Rinnovamento per Breganze-Lega Salvini. Un atto giudicato ammissibile e su cui lo stesso organo regionale dovrà decidere, dopo una prima verifica affidata alla prefettura di Vicenza.

La “patata bollente” passa di mano, in altre parole, al prefetto di Vicenza e poi ritornerà al mittente in vista dell’udienza prevista per il 26 febbraio 2020, con verdetto atteso forse già in quella data in seguito alla discussione o al massimo entro la primavera. Una proroga sarebbe concedibile, infatti, in caso di presentazione di memorie articolate con conseguente differimento dei termini della sentenza. Si attenderà, dunque, entro il mese di marzo o al massimo aprile del prossimo anno. Sempre salvo imprevisti o nuovi colpi di scena.

Il nodo cruciale della vicenda riguarda la presenza di 37 schede – conteggiate come valide a tutti gli effetti e quindi rivelatesi decisive ai fini del risultato delle elezioni – che riportavano in calce al nominativo prestampato del candidato sindaco l’apposizione autografa da parte dei votanti dei nomi dei (futuri) assessori che, di fatto, non risultavano invece nella griglia dei candidati consiglieri. Per i presidenti di seggio, concordi nell’applicare la stessa linea dopo un confronto alla presenza dei rappresentanti di lista, ogni preferenza è stata ritenuta valida per il voto di lista, depennando invece quella per i candidati membri dell’assemblea comunale, in quanto non corretta.

Una “distorsione d’intenti” che traeva inconsapevolmente origine, ormai è quasi certo, dalla volontà della lista Breganze Attiva di presentare ai cittadini la sua squadra di governo in sede di campagna elettorale: 12 consiglieri proposti e 4 assessori in pectore – tra i quali alcuni esterni – in caso di fiducia accordata dai breganzesi. “Una scelta di trasparenza – spiega Piera Campana interpellata sull’argomento all’indomani del primo responso – che è stata riproposta dopo le amministrative del 2014. Purtroppo all’origine del fraintendimento c’è stato un difetto di comunicazione che ha portato a contrassegnare, oltre alla preferenza alla lista, il nominativo assessori esterni non inseriti tra i candidati consiglieri. Forse la distinzione non è risultata chiara a tutti, generando un errore. A nostro avviso nulla che infici la validità della consultazione: il voto espresso è chiaro ed evidente, si rischia di sovvertire la volontà dei cittadini per un cavillo. Ma come più volte dichiarato attendiamo serenamente l’esito del ricorso, ci rimettiamo alla giustizia amministrativa”.

Le schede sotto la lente d’ingrandimento saranno vagliate dagli uffici della prefettura. Da valutare poi la corrispondenza o meno con la norma di garanzia che prevede la non riconoscibilità dell’elettore attraverso segno o scritte che potrebbero favorire il cosiddetto voto di scambio. Un principio che, nell’ordinamento italiano, è stato concepito e ispirato al contrasto delle infiltrazioni mafiose nelle elezioni politico amministrative. Un caso-limite, quello di Breganze, soggetto interpretazioni normative e finora non specificatamente contemplato nei regolamenti in materia.

Un “atto dovuto“, così è stato definito il ricorso presentato da Xausa e dalla sua lista, con l’ex candidato sindaco che nel frattempo rimane sui banchi di minoranza in consiglio comunale in attesa del giudizio del Tar. E che, se pienamente accolto, annullerebbe la quarantina di preferenze sotto esame con la conseguenza di un inedito quanto clamoroso “ribaltone” dell’esito delle urne dello scorso maggio 2019. Una “volata” all’ultima scheda che sancì il successo della prima cittadina uscente e subito rientrante con il 43,45% dei voti considerati validi (contro il 43,35% dello sfidante). In cifre 2.186 contro 2.181. O forse, a posteriori, 2.149 contro 2.181? Toccheranno al prefetto di Vicenza la delicata operazione di verifica e al Tribunale amministrativo regionale il verdetto conclusivo.