Sponsorizzazioni “gonfiate”nel ciclismo: 53 denunciati e due società sportive coinvolte

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L’hanno chiamata “Ritorno in bici”, i militari del comando provinciale della guardia di finanza di Vicenza, l’operazione che si è conclusa nei giorni scorsi con un sequestro preventivo di 100 mila euro e la denuncia di ben 53 persone. Al centro, vi è un giro di fatture false per sponsorizzazioni nel mondo del ciclismo.

Fra i 53 denunciati, cinque sono infatti responsabili, a diverso titolo, di due associazioni sportive dilettantistiche di Breganze, la Asd Cyber Team e la Ads Veloce Club Breganze. Si tratta di Nivo Azzolin 70enne di Breganze, Giancarlo Albanese 78enne di San Martino di Lupari (Padova), Carlo Finco 52enne di Curtarolo (Padova), Giuseppe Parolisi 38enne di Vedelago (Treviso), Roberto Rossi 46enne di Colceresa (Vicenza). Gli altri 48 sono titolari di aziende che hanno ricevuto dalle associazioni e contabilizzato in dichiarazione fatture per operazioni parzialmente inesistenti, in quanto riportanti importi superiori a quelli effettivi.

L’indagine ha avuto inizio dalla denuncia di un ciclista associato ad una delle due associazioni sportive e si è poi estesa anche all’altra. L’atleta ha evidenziato dubbi sui presunti redditi conseguiti dalla stessa, che pregiudicavano la sua corretta posizione fiscale. Gli approfondimenti dei finanzieri di Bassano del Grappa, partendo da tale segnalazione, hanno poi svelato un articolato meccanismo di evasione fiscale, che utilizzava fatture per operazioni inesistenti e l’indebito utilizzo di carte di credito.

In particolare, la società sportiva di cui l’atleta faceva parte avrebbe emesso sistematicamente per anni (fra il 2012 e il 2016) decine di fatture per sponsorizzazioni parzialmente inesistenti da parte di aziende, aumentandone l’importo. Le fatture “gonfiate” permettevano agli sponsor di dedurre un maggiore imponibile di quello effettivamente pagato e di detrarre maggiore Iva. La società sportiva, da parte sua, potendo vantare su un regime fiscale agevolato che permette il pagamento delle imposte sulla base di una percentuale dei ricavi, una volta incassate le somme, restituiva parte delle stesse alle aziende sponsorizzatrici. Per ricavare il contante da retrocedere ed evitare prelevamenti bancari diretti – circostanza suscettibile di potenziali segnalazioni – i gestori delle associazioni avevano ingegnato un metodo sofisticato: simulando la corresponsione di somme per prestazioni sportive a decine di associati, effettuavano versamenti su Iban riferibili a carte prepagate intestate agli atleti, carte che di fatto erano nella disponibilità dei responsabili delle associazioni stesse.

Versate le somme, si premuravano di ritirarle con un semplicissimo prelevamento agli sportelli automatici, in modo frazionato e, apparentemente, senza ingenerare alcun sospetto, se non quello sorto agli investigatori nella fase delle indagini: esaminando i dati dei prelevamenti e delle celle telefoniche dei cellulari degli indagati, sono emersi anomali prelevamenti eseguiti, nel giro di pochissimi minuti, da decine di atleti allo stesso sportello automatico, proprio in coincidenza con la presenza di qualche indagato in quella precisa posizione. Anomalie evidenti, insomma, che sono state confermate durante le perquisizioni presso le abitazioni e le sedi delle due società sportive: qui le fiamme gialle hanno rinvenuto importanti elementi inerenti le restituzioni in contanti che venivano eseguite ai soggetti formalmente destinatari di fatture di vendita, tra i quali degli inequivocabili file in formato excel con il resoconto della gestione reale degli effettivi flussi monetari delle associazioni.

I cinque responsabili delle associazioni, in concorso, sono stati quindi denunciati per avere emesso fatture false per complessivi 1,4 milioni di euro, alle quali è seguita la restituzione di circa 750 mila euro in contanti, e per avere indebitamente utilizzato carte di credito e di pagamento effettuando 766 prelevamenti illeciti agli sportelli bancomat.

I 48 titolari di imprese che hanno ricevuto le fatture, invece, sono stati denunciati per avere utilizzato in dichiarazione le fatture false. La loro posizione, all’attenzione delle autorità giudiziarie competenti (a seconda della sede delle imprese stesse) è sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri bassanesi  sotto il profilo penale e tributario. Nei confronti di alcuni di loro è scattato il provvedimento di sequestro preventivo, che ha permesso di porre sotto la tutela dello Stato 103 mila euro. Nei confronti di tutti, invece, i controlli fiscali hanno permesso di individuare costi non deducibili per circa 400 mila euro ed Iva dovuta per altri 85 mila euro, con importanti recuperi da parte dell’Erario (dato che la quasi totalità degli indagati ha aderito ai rilievi rimossi dalla guardia di finanza).