Frode nel tessile, lo Stato si cautela ma la titolare è “al verde”. Era il marito il reale manovratore

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Un blitz dei finanzieri in un'attività tessile gestita da persone di nazionalità cinese in provincia di Vicenza (immagine di repertorio)

A distanza di meno di un anno torna d’attualità l’operazione “mandarino” della Guardia di finanza provinciale, che lo scorso febbraio mise alle strette un’attività nel settore tessile gestita da imprenditori di nazionalità cinese, con laboratori a CarrèCogollo del Cengio. Affaristi asiatici piuttosto che si dimostrarono “allergici” alla tassazione italiana tanto da venire denunciati per frode ai danni dello Stato al pari dei marito e moglie ora sotto una nuova indagine. Anch’essi nati in Cina ma residenti in Altovicentino. Ai due coniugi sono stati sequestrati nel mese di gennaio tre autoveicoli (un Fiat Ducato, una Mercedes 220 e una Toyota Picnic), quote societarie in un’altra impresa e due conti correnti, dei quali uno intestato a una prestanome legata all’attività, una donna di 46 anni (J.W. le iniziali).

In queste ora le Fiamme Gialle hanno dato un seguito a quell’indagine, cautelando l’erario pubblico con un sequestro preventivo ai fini di confisca di poco meno di 44 mila euro, pari alla somma dei tributi Irpef e dell’Iva non versati. Si tratta del controvalore per equivalente di quanto sottratto indebitamente in relazione agli “affari sporchi” – ma remunerativi – portati avanti. Ad occuparsi del fascicolo è la tenenza di Schio della GdF.

Il nuovo intervento dei finanzieri, collegato all’originale operazione “Citrus reticulata”, nome latino che indica il frutto del mandarino, è stato alimentato da una verifica avvenuta il 15 ottobre 2020 e riferita al laboratorio tessile denominato “Confezioni di Haixia Wu”, aCogollo del Cengio in via Valle. Solo una settimana prima un “alert” era giunto dalla centrale provinciale dopo l’incrocio dei dati, invitando ad appurare la documentazione in possesso dell’azienda gestita nella realtà da un uomo di 46 anni di età, nonostante il suo nome non apparisse come quello del titolare formale.

In sintesi, l’imprenditore poco incline alla trasparenza avrebbero distrutto le carte contabili per occultare ricavi pari a 78.103 euro non dichiarati. La titolare formale dell’attività – H.W. le iniziali, 42enne – nel frattempo era stata segnalata in Procura a Vicenza ipotizzando i capi di reato di occultamento e distruzione di scritture contabili, proponendo l’emissione di decreto di sequestro preventivo per equivalente nei confronti della stessa. Richiesta approvata e convalidata dal gip del Tribunale berico che ha autorizzato i “sigilli” a conti e beni mobili rendendo esecutivo il provvedimento cautelare ma senza trovare alcuna risorsa nella disponibilità dirette della donna risultante come capo d’azienda. Nonostante, a titolo esemplificativo, guidasse una Mercedes 220 “di famiglia”.

Ulteriori approfondimenti hanno permesso di rintracciare e identificare chi a tutti gli effettivi gestiva la redditizia attività, grazie alle dichiarazioni e testimonianze raccolte dai finanzieri sia nelle ditte che si rifornivano della merce a Cogollo, sia dai dipendenti stessi avvicinati e interrogati. Al termine dell’indagine, è emerso che chi teneva le fila dell’intera produzione era il marito dell’indagata (X.Z., 46 anni), fino a qual momento estraneo alla vicenda. Il quale, oltre ad interfacciarsi direttamente con clienti e fornitori e a dare direttive, aveva presenziato alle operazioni di verifica fiscale esibendo una delega a firma della stessa coniuge, oltre a una seconda che lo autorizzava ad operare sui conti correnti dell’impresa individuale. Ora che il cerchio è stato chiuso, lo Stato attraverso le sue ramificazioni sul territorio presenterà il conto.