Davide Dolores, da Thiene a Trapani il successo arriva con le serie tv

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A sinistra, Claudio Gioè, a destra Davide Dolores nella serie Màkari, in onda su Rai1
L’epidemia non ha fermato Davide Dolores: l’attore thienese lunedì sera è stato fra i protagonisti su Rai1 della prima puntata della miniserie “Màkari”, ambientata in Sicilia.
Lo intervistiamo mentre sta scavalcando gli Appennini diretto a Firenze, dove vive da un anno: uno scambio di domande e di audio via whatsapp per incastrare la chiacchierata fra una weekend trascorso nel vicentino e nuovi impegni in centro Italia. A Thiene infatti vivono i genitori e al vicentino Davide è legatissimo: qui ci sono molti amici e anche parecchi impegni di lavoro.
Un legame forte, come d’altronde quello che lo unisce alla Sicilia, sua terra d’origine. “Màkari” è una fiction in quattro puntate ambientata fra scorci di grande suggestione del trapanese ed è un po’ un giallo, un po’ commedia. Sullo stile di Montalbano, per capirci. Tratta dalle opere di Gaetano Savatteri (Sellerio Editore), ha per protagonista il giornalista, Saverio Lamanna (interpretato da Claudio Gioè), che in un momento di crisi personale e dopo aver perso il lavoro di portavoce di un sottosegretario al ministero dell’Interno a Roma, si rifugia nella sua Sicilia, a Màkari appunto, dove inizia una nuova vita e si scopre “investigatore per caso”. La regia è affidata a Michele Soavi, autore di grandi film per la tv come “Nassirya – Per non dimenticare”, “Olivetti – La forza di un sogno”  e “Rocco Schiavone”.
Dolores, fra i protagonisti della prima puntata, interpreta Gaetano Nicosia, un papà coinvolto nella tragica morte di un bambino amico del cuore di suo figlio (qui è possibile rivedere l’episodio). “Sono molto soddisfatto di questo lavoro, per me – spiega – è stata una sorta di conferma, perché è la mia seconda volta con la casa di produzione Palomar, dopo la partecipazione in una puntata di Montalbano qualche anno fa. Mi auguro ce ne siano altre. Fra l’altro, mi ha scelto un regista diverso: Soavi questa volta, Sironi invece nella serie tratta dai capolavori di Camilleri. Il mio essere siciliano e la comprensione di quel modo di vivere, che nel mio personaggio erano importanti, sono stati fondamentali e credo che anche le mie radici siano emerse in modo positivo”.

Quando ti hanno chiamato?

“Mi hanno contattato la scorsa estate, mentre, ironia della sorte, mi trovavo in spiaggia a Mazara del Vallo: in pratica per andare sul set avevo solo mezz’ora di strada. La serie infatti è stata girata fra agosto e settembre fra Trapani, Alcamo, Scopello. E’ come vivere a Thiene e andare a girare un film a Vicenza. Questa serie mi ha dato la possibilità di vivere in modo diverso la mia terra: abbiamo girato in luoghi che conoscevo, come aree in abbandono a Trapani, o le grotte naturali di Custonaci. E’ stata una bella scoperta, fatta insieme ad attori miei conterranei”.

Come hai vissuto quest’anno di epidemia, con i teatri chiusi?

“Anzitutto devo dire che per me l’idea di lockdown è vaga, le restrizioni son state lunghe un anno, non ci son gran differenze fra arancione, giallo, rosso. Sul set servono mille precauzioni, eravamo tutti tamponati e con la mascherina, le misure prese sono state tali e quali e quelle della primavera scorsa e hanno reso il lavoro più pesante, ma ce l’abbiamo fatta: alla Palomar son stati molto rigorosi. Quanto ai teatri, beh è deprimente ovviamente, anche se son precauzioni comprensibili, è necessario ridurre le occasioni di contagio. Però ci sono diversi modi di gestire la situazione, non solo per quel che riguarda i teatri, ma anche le scuole ad esempio. Con una regolamentazione più dettagliata, e soprattutto con una loro conoscenza più profonda. I teatri possono essere e sono un luogo sicuro e lo possono essere tranquillamente, basterebbe confrontarsi con chi li gestisce: i biglietti on line, il distanziamento, la disinfezione, potrebbero consentire di trattarli alla stregua delle chiese. Mi domando perché non non si è fatto, appunto, come con i luoghi di culto, che sono aperti. E’ una situazione che mi mette tristezza.

Che lavori hai fatto nel 2020?

“Ho fatto un solo spettacolo a fine ottobre a Firenze, qualche spot in tv, poi ho lavorato come formatore con le aziende, on line, grazie a una startup di Milano, il lavoro non mi è mancato, perché ho potuto diversificare. Sono attività che ho sempre fatto, ma rimane la tristezza enorme per i teatri chiusi, e c’è rabbia perché le cose potrebbero essere diverse”.

Come vedi il futuro?

“E’ difficile rispondere, da un lato i teatri dovranno risollevarsi, reinventarsi, ma c’è tanta voglia di ripartire, di rimettersi in gioco e il pubblico vuole riviere le emozioni degli spettacoli dal vivo. Spero in una rinascita velocissima per chi riuscirà a sopravvivere: non è scontato. Lo spettacolo in tv con film e serie da fruire a casa ha avuto invece un boom che credo continuerà, dato che dal punto di vista delle riprese non ci sono grossi problemi. Ecco, magari quando la gente starà meno in casa ci sarà un calo nelle produzioni destinate al piccolo schermo”.

E tu, quali impegni ti aspettano nel 2021?

Al momento tre. Anzitutto sarò fra i protagonisti di una puntata di “A un passo dal cielo 6 – I guardiani”: la serie andrà in onda per otto appuntamenti, a partire dal primo di aprile e questa volta il mio personaggio sarà veneto. Così, avrò messo davanti alla telecamera le mie due anime: le origini siciliane e la mia formazione veneta. Sto poi lavorando col regista Dennis Dellai al suo film nuovo film, “800 giorni”, un bellissimo progetto ispirato al rapimento di Carlo Celandon. Infine, avrò un ruolo nel video dello spettacolo teatrale “Libra”, che sarà proiettato a Trieste al castello di Miramare il 17 e 18 giugno, per la regia di Gigi Funcis Dalle Carbonare. E’ un progetto della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, uno spettacolo sull’inquinamento provocato dei satelliti. Ci saranno anchre Stefano Rovelli e Piergiorgio Odifreddi.