Dennis Dellai, giornalista e regista, a Hollywood si gode il suo Oscar da (umile) protagonista

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Quando si parla di Hollywood e di cinema non si può che fare riferimento agli Oscar. Stavolta il rimando, però, è a una pellicola e non alla statuetta dorata universalmente più ambita da tutti gli “attori”, da intendersi in senso largo, che stanno dietro e davanti a una macchina da cinepresa. Il film “Oscar“, del regista thienese Dennis Dellai, stimato giornalista vice caposervizio de Il Giornale di Vicenza sulle pagine della provincia, è stato proiettato niente di meno che a Los Angeles. E premiato dal favore del pubblico che si aggiunge al riconoscimento già ricevuto con l’invito nella “culla” planetaria del cinema. Con il “direttore d’orchestra” Dellai a recarsi negli Stati Uniti per ricevere gli allori nell’ambito del “Los Angeles Italia Film Fashion and Art Fest“.

Una rassegna, giunta alla 15esima edizione, andata in scena dal 2 all’8 febbraio, come gustoso aperitivo della Notte degli Oscar il giorno successivo alla sia conclusione. Tutt’altro che una “comparsata” quella di Dellai in versione a stelle e strisce, che dall’Altovicentino ha spiccato il volo non solo a bordo di aeroplani, e che ha visto il suo (capo)lavoro da non professionista del mestiere, come è solito definirsi, lanciato sul grande schermo panoramico del Chinese Theatre di Hollywood. Presentandolo in prima persona alla proiezione ufficiale e trasportando in lingua inglese le emozioni del momento insieme alla traccia che ha accompagnato gli spettatori alla visione. Si è regalato, così, anche a Los Angeles uno scorcio di Veneto e di Vicentino che furono, insieme a una storia ricostruita e narrata in profondità che ha suscitato lusinghieri complimenti anche dagli “addetti ai lavori” – professionisti stavolta – d’oltreoceano. Una vicenda lontana nel tempo, ma che ha toccato da vicino i cuori dei presenti alla serata in platea.

Una profonda e perfino pervasiva passione, penetrata nell’animo, quella del giornalista vicentino. E che ha portato, con trasporto da adolescente innamorato, lo sbarazzino Dennis divenuto nel tempo uomo maturo a ritagliarsi una fetta di vita da dedicare a un’arte come il cinema che gli ha restituito radiose soddisfazioni personali. Condivise, di elogio in elogio e con umana modestia invidiabile, insieme ai collaboratori che in più ruoli hanno affiancato il regista fai da te – e a volte che ha saputo “far per tre” – in lavori cinematografici ispirati alla storia e, soprattutto, alle storie: quelle più emblematiche da raccontare, nate vissute e mai del tutto dimenticate nel nostro territorio.

“Non sono diventato improvvisamente un genio della cinepresa – scriveva nei giorni scorsi Dellai con la valigia e un notebook in mano, alla partenza per l’America, sulla sua pagina Fb – nè un maestro del cinema, sono quello di sempre: un autodidatta dei movimenti di macchina, un regista guidato dalla passione e dall’incoscienza più che dalla grammatica del cinema, che gira film popolari, quelli che fanno storcere il naso ai palati fini, ai critici”. Poi il ringraziamento: “Sono cosciente del fatto che ho avuto al mio fianco, in tutti questi anni, un gruppo di amici che mi hanno sostenuto, che hanno creduto nei miei folli progetti, come quello di realizzare un film di guerra con mille comparse, mezzi militari, scene epiche, con la somma che serve a pagare i caffè della troupe di una produzione romana. Li ho sempre avuti al fianco e me li ritrovo ancora al fianco. E’ tremendamente ingiusto che i riflettori si accendano solo per il regista, questo mi fa sentire in colpa”.

Il lungometraggio “Oscar” è ambientato in gran parte nell’Altovicentino e racconta la storia di un jazzista di origini ebraiche, a partire dall’estate del 1943. Il resto è solo da vedere. Il budget utilizzato per la realizzazione del film dall’associazione “Progetto Cinema A.V.”, coperto da sponsor privati e sostenitori? Appena 35 mila euro. Un’impresa. Da Oscar, appunto.