80 anni dall’eccidio di Pedescala: “Non dimentichiamo affinché i giovani siano costruttori di pace”

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E’ forse uno degli episodi più atroci, proprio negli ultimi giorni di guerra, quello che dal 30 aprile violentò le comunità di Pedescala, Forni e Settecà strappando alla vita 82 persone, per lo più giovani uomini, ma anche alcune donne e persino bambini. Una rappresaglia dell’esercito nazista in fuga verso nord, a vendicare alcune precedenti azioni partigiane.

E la vallata tutta, non poteva quindi, nella giornata di ieri, non celebrare il ricordo di quanti perirono, ma anche la memoria di un fatto che non può essere dimenticato. Presente alla cerimonia, itinerante fra tutte e tre le località del comune di Valdastico protagoniste, loro malgrado, della furia tedesca, oltre all’intera amministrazione comunale del paese e al sindaco dei ragazzi, il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti, il presidente dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Michele Vigne e, in maniera quasi inedita, Claudio Cipolla e Giuliano Brugnotto, rispettivamente vescovi delle diocesi di Padova e Vicenza. Ma tanti anche gli amministratori locali assieme alla gente raccolta in un ricordo commosso nonostante il giorno lavorativo, in una lunga mattinata di commemorazioni accompagnata dai brani della Banda Cittadina di Arsiero: “Oggi siamo noi qui a ricordare un evento indelebile nella memoria – le parole, in uno dei passaggi letti dal sindaco di Valdastico, Claudio Sartori – consapevoli che abbiamo un ruolo di testimoni verso chi verrà dopo di noi. Giovani che oggi sono portatori di un messaggio di pace: chiamati a cucire, anche coi coetanei tedeschi, una nuova Europa capace di archiviare per sempre la guerra e il dolore che questa comporta”.

Toccante il saluto fra le lapidi: di spalle, i due vescovi e il deputato vicentino Erik Pretto

Senza appunto dimenticare, a monito perenne: quei giorni dove si ammazzava la gente, bruciando case e stalle e razziando le poche provviste. Dove l’uomo aveva dimenticato di esser uomo. Una furia cieca, il sonno delle coscienze. E pare meno necessario – se non ai fini di una doverosa memoria storica di un evento ancora controverso – a ottant’anni di distanza, cercare colpe se non in quell’immane tragedia che è la guerra, antitesi di ogni umana convivenza e di ogni bene.

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