Giovani insolenti intorno al campo da beach della parrocchia. “Siamo delusi, costretti a recintarlo”


Un comunicato nel titolo, una lettera densa d’amarezza nei contenuti. E’ quella scritta ieri da don Lucio Fabbian, parroco di una delle due comunità di fedeli presenti a Zanè, quella dedicata all’Immacolata nella parte di paese nota storicamente come le “Campagne” che giusto un anno fa ha festeggiato il quarantennale dall’istituzione. Una comunicazione informativa, certo, e quindi rivolta ai frequentatori degli ambienti della Chiesa, delle aree comuni del patronato e quelle sportive esterne, ma diretta soprattutto ai giovani.
Anzi, a quei ragazzi che stanno costringendo il sacerdote e i membri del consiglio pastorale a prendere provvedimenti onerosi sul piano materiale – leggasi spese non previste e anzi impensabili solo fino a qualche anno fa – e ancora più pesanti su quello dell’impegno sociale ed educativo messo in campo da chi insieme a don Lucio proprio dei giovani si occupa ogni giorni. Ricevendo in cambio, spesso, maleducazione e prepotenza, che si associano al totale disprezzo del valore del rispetto delle persone e delle cose altrui.
Ed è così che, seppur a malincuore, dalla parrocchia dell’Immacolata si rende noto che il campo in sabbia per il beach volley, da quasi vent’anni a disposizione di tutti secondo regole di comune e civile convivenza, verrà recintato e “chiuso a chiave”. Una deliberazione non frutto di un singolo episodio spiacevole o di un momento di frustrazione temporanea, bensì dopo più tentativi di dialogo e richieste di rispetto di chi intorno alla piastra esterna dedicata al gioco e alle attività comunitarie – dove spiccano un campo per il calcetto in erba sintetica e appunto il rettangolo di sabbia per il beach volley – magari ci vive, oltre a chi “la fa vivere”.
A spiegare gli antefatti è proprio il testo reso pubblico e a firma di don Lucio, che dal 2014 vive e offre il suo servizio a Zanè e ben conosce dunque le dinamiche locali. “Da un paio di settimana abbiamo chiuso l’area con i nastri bianchi e rossi il perimetro del campo di beach – si legge – ma a quanto pare non è servito a niente. Ora siamo dovuti arrivare al punto di deliberare, sentiti Consiglio Pastorale e Consiglio per la Gestione Economica, di recintare e chiudere il campo”. Decisione inevitabile ora, evitabile se di fronte si fosse trovato buon senso ed educazione, anziché strafottenza e ribellione a regole semplici e condivise. Vale a dire: non fare schiamazzi, chiedere l’autorizzazione all’utilizzo, indossare una maglietta, non entrare a bordo campo con le moto, non tenere la musica troppo alta viste le abitazioni vicine al campo e tenere a mente gli orari consentiti.
“E’ l’ultima cosa che avremmo voluto fare“. Basti pensare che la spesa necessaria per l’acquisto del materiale, per quanto poi il lavoro potrebbe essere svolto da volontari amici della parrocchia, sarà comunque impegnativa. Risorse sicuramente meglio e più volentieri impiegate per aiutare magari famiglie della comunità o per attività per anziani o bambini che frequentano il vivace centro parrocchiale, uno dei più attivi dell’Altovicentino. “Scelte come queste dichiarano una volta di più il completo fallimento dei percorsi educativi e di convivenza sociale e comunitaria – è il commento amaro finale del sacerdote vicentino – di molti, purtroppo molti giovani. Purtroppo non è solo colpa loro se alle spalle tutto viene giustificato o permesso“. Difficilmente si farà marcia indietro, dopo la decisione presa e basta leggere per intero il comunicato per cogliere la delusione.
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