Gino Soldà “Giusto tra le Nazioni”: con altri quattro salvò una famiglia ebrea dal genocidio

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Di Gino Duilio Soldà sono note ai più le imprese di sciatore alle Olimpiadi e alpinista, ma non da meno è il valore umano dimostrato dallo scalatore vicentino nel contrastare le angherie del nazifascismo. Tanto da meritare, a oltre 35 anni dalla morte, di entrare nel novero dei “Giusti tra le Nazioni“.

Maestro di sci nella stagione invernale e guida alpina in quella estiva, Gino Soldà aveva la montagna nel cuore in ogni sua declinazione. Vissuta ed esplorata, da sciatore di punta tra gli Azzurri, da arrampicatore di rocce e pareti da brividi incurante dei pericoli. Così come si è posto di fronte alle ingiustizie e nefandezze del Ventennio Fascista, rifiutando più volte di partecipare a competizioni indette dalla propaganda, decidendo poi nel 1943 di abbracciare i valori della Resistenza partigiana nel conflitto seguente.

La clandestinità e la lotta contro gli occupanti nazifascisti, il nomignolo “Paolo” che diventa quindi la sua nuova identità tra i resistenti, l’entrata nelle fila del Battaglione Tordo che su Valdagno e Recoaro contrasterà l’egemonia tedesca fino alla resa e ritirata dell’esercito straniero. Tra i meriti attribuiti a Gino Soldà, che ne giustificano il riconoscimento attribuito alla memoria, l’impegno testimoniato da altri partigiani dell’epoca che “Paolo” profuse in prima persona nell’accompagnare persone ebree da Arsiero alla Svizzera, portandoli in salvo come rifugiati.

Attraversando valli e montagne che nessuno meglio di lui conosceva, da abile scalatore e supremo intenditore delle alte quote. Solo al termine della Seconda Guerra Mondiale, con il ritorno alla sua vita da uomo libero, Soldà poté tornare alle sue passioni. Nove anni dopo la fine del conflitto, nel 1954, fu tra gli italiani conquistatori del K2, entrando nella storia dell’alpinismo internazionale. Ora la storia gli rende un altro merito, allora, con il suo nome che sarà inciso nel giardino sacro di Gerusalemme dove si trova memoria delle azioni che hanno compiuto persone non ebree che hanno rischiato la propria vita per salvare quelle dei perseguitati dal genocidio nazista.

Insieme a Gino Soldà, dai giorni scorsi, appare quello di suor Gemma Paoletto, madre superiora dell’Istituto delle Dame Inglesi, austriaca per nascita ma attiva a Contra’ San Marco a Vicenza: i due vicentini collaborarono in diversi momenti a mettere in salvo una famiglia ebrea italiana, fuggita dalla Bulgaria per nascondersi nel 1944 a Velo d’Astico. Una bambina di 10 anni di allora, di nome Beatrice, oggi è ancora in vita (ha 90 anni) e rimane come unica testimone di quei 18 mesi di fuga fino a tentare l’espatrio in Svizzera, sfumato nonostante l’impegno di Soldà che li accompagnò fin quasi al confine. Con loro, nel novero dei cinque nomi italiani di recente proclamazione tra i Giusti, che furono tutti coinvolti nella stessa missione, quelli di suor Luigia Gazzola (di origini trevigiane e morta a Bassano del Grappa) e di Nazzareno e Anna Damiani, ultimi a ospitare gli ebrei bulgari, mettendoli al sicuro.

Una delle rare immagine di Gino con gli sci ai piedi

A prendere atto del riconoscimento anche il sindaco di Recoaro Terme, Armando Cunegato, con un lungo post. “Come primo cittadino – scrive nella parte finale del pensiero – sono fiero che al nostro compaesano sia stato riconosciuto l’importante contributo dato nel salvare vite umane”.

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