Pfas, archiviata l’inchiesta sui danni alla salute dei lavoratori Miteni

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l Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza ha archiviato ieri l’indagine sui possibili danni degli Pfas alla salute degli ex lavoratori Miteni, esposti alle sostanze chimiche prodotte in passato nello stabilimento di Trissino. Si tratta di un altro filone d’inchiesta rispetto a quello principale per disastro ambientale, già approdato in dibattimento in corte d’assise.

Era stato un esposto della Cgil a dare il via nel 2020 alle indagini sui presunti effetti degli Pfas sulla salute dei lavoratori: il sindacato chiedeva di accertare le eventuali responsabilità della dirigenza aziendale.
Nel sangue degli operai era stato riscontrato infatti valori altissimi (“i più alti al mondo”, dice la Cgil) di sostanze sostanze perfluoroalchiliche (in gergo Pfas) prodotte e lavorate nello stabilimento di Trissino. La Procura due anni fa aveva chiesto l’archiviazione ma la Cgil si era opposta, con i suoi legali, alle conclusioni del pm. Ora è arrivata la decisione del gip, che ha respinto quel ricorso confermando l’archiviazione.

Le Rsu, sindacato interno, e i dipendenti di Miteni (immagine di archivio)

La reazione della Cgil
“Una giornata triste per i lavoratori dell’ex Miteni/Rimar e per la giustizia nel nostro Paese” l’ha definita il segretario pronvinciale della Cgil Giampaolo Zanni, “perché l’archiviazione delle indagini significa impedire l’accertamento dei fatti e delle responsabilità su quanto accaduto in quella realtà lavorativa dove i lavoratori, rassicurati dai dirigenti aziendali e dal medico aziendale, hanno lavorato per anni sostanze nocive che si sono accumulate nei loro corpi, a danno della loro salute”.
“Rammarica moltissimo che si sia presa questa decisione – prosegue Zanni -, nel momento in cui sempre più studi fanno emergere la nocività di queste sostanze per la salute umana al punto che scienziati e studiosi di tutto il mondo ne chiedono la messa al bando come produzione e come utilizzo. Adesso leggeremo attentamente i documenti e poi decideremo in quale modo proseguire nella battaglia per la tutela dei lavoratori avvelenati e per far emergere la verità circa quanto accaduto alla Miteni/Rimar. Perchè non ci rassegniamo all’idea che non sia fatta giustizia per i lavoratori e più in generale per la popolazione, l’acqua ed il territorio contaminati da queste sostanze tossiche prodotte e lavorate in quel sito produttivo”.

I commenti della politica
Rammarico viene espresso anche dalla consigliera regionale di Europa Verde Cristina Guarda. “La prescrizione per la maggior parte delle ipotesi di lesioni colpose e la ritenuta non correlazione tra la morte di tre dei lavoratori e la presenza di Pfas nel sangue degli stessi sono, in sintesi, le motivazioni che stanno alla base dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari. Obbligati a prenderne atto, resta però la consapevolezza del profondo sconforto, che non è arrendevolezza, visto che sull’inquinamento da Pfas e sulle conseguenze a danno della popolazione la mia azione politica non arretrerà di un millimetro, assieme a quella di molti cittadini, perché la conoscenza del potenziale lesivo dei Pfas è tragicamente emersa quando era trascorso ormai troppo tempo dall’esposizione quotidiana dei lavoratori a queste sostanze. Sono vicina ai lavoratori e alla Cgil di Vicenza: nella battaglia per l’accertamento della verità sull’inquinamento da Pfas in Veneto, come in altre battaglie, potranno sempre contare sull’appoggio mio e di Europa Verde”.

Vicinanza e solidarietà ai lavoratori dell’ex Miteni sono stati espressi anche dai consiglieri regionali del Pd veneto, che parlano di una “doccia fredda”. Per Andrea Zanoni, Anna Maria Bigon e Chiara Luisetto “l’Italia è indietro rispetto all’Europa sul fronte della tutela delle persone e dell’ambiente. Chi ha avvelenato le persone si salva grazie a leggi troppo generose e a prescrizioni troppo brevi. A tal punto che questi inquinatori vengono qui dall’estero proprio approfittando di questa voragine normativa”.
i tre consiglieri dem ricordano che proprio in occasione del convegno cui presero parte, ‘Pfas, analisi retrospettiva e prospettive future’ organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana e tenutosi lo scorso 6 ottobre a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, “gli esperti del mondo giuridico e scientifico hanno evidenziato da un lato che è evidente il collegamento dell’insorgere di malattie a seguito del contatto con le sostanze perfluoroalchiliche. Dall’altro il fatto che vi sia un grave ritardo delle normative in materia e che questi reati richiedono un lavoro molto lungo in termini di analisi e perciò le prescrizioni alla fine premiano i responsabili”.