60 anni da quando la morte arrivò dal cielo. Domani Mattarella sarà sul Vajont

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Mai avrebbero immaginato che quella sarebbe stata l’ultima sera: quando scoccarono le 22.39 del 9 ottobre 1963, la valle sembrò fermarsi in un’atmosfera quasi surreale. No, quei bagliori in lontananza non erano lampi e quelle che fecero sbattere i vetri e i balconi delle case non erano le raffiche di una tempesta autunnale. La morte arrivò improvvisa , dal cielo, e con la violenza di un esercito di lame affilate travolse tutto quello che incontrò nel suo cammino: case, alberi, recinti, auto. E vite. Quasi 2000.

Circa 270 milioni di metri cubi di roccia (un volume più che doppio rispetto a quello dell’acqua contenuta nell’invaso) scivolarono, alla velocità di 110 chilometri orari, nel bacino artificiale sottostante creato dalla diga del Vajont, provocando un’onda di piena tricuspide che superò di 250 metri in altezza il coronamento della diga e che in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, e si riversò infine nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e i comuni limitrofi. Vi furono 1910 vittime di cui 1450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 originarie di altri comuni.

A nulla valsero le proteste, pur rispettose, e i dubbi dati alla mano di una valle inascoltata e quasi derisa sino alla tragedia: una macchia indelebile sulla coscienza civile del nostro Paese.

Domani alle 12, dopo una visita al cimitero di Fortogna dove riposano le vittime innocenti del disastro, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà sulla diga del Vajont accompagnato dal Presidente della regione Luca Zaia e da molti amministratori, in primis il Sindaco di Longarone. E sempre domani, in oltre 150 teatri italiani, andrà in scena contemporaneamente VajontS 23, riscrittura a più voci del celeberrimo monologo scritto trent’anni fa da Marco Paolini: per non dimenticare.

Il racconto di un sopravvissuto – di Gino Mazzorana

La sera del 9 ottobre 1963 abitavo a Longarone, avevo dieci anni ed ero a letto con mio fratello più piccolo di solo tre anni, quando ho sentito un rumore forte e la casa tremare tutta. Pensavo fosse il terremoto, subito dopo ho sentito un vento ancora più forte che sembrava non finire mai, poi l’acqua che arrivava da tutte le parti. Gridavo- aiuto, mamma, vieni a prendermi che c’è il terremoto-.

La casa è crollata tutta e purtroppo lei non mi poteva sentire. Non so quanto tempo sia passato, continuavo a chiedere aiuto e non riuscivo a muovermi perché, essendo quasi tutto sotto le macerie, avevo qualcosa che mi impediva i movimenti delle gambe. Infatti avevo addosso una trave di legno che mi bloccava. Giunsero finalmente i soccorritori, ricordo le tenui luci delle pile, che, sentendo le mie grida, cominciarono a scavare con le mani (vedi foto allegata) liberandomi dalle macerie.

Ero a circa 100 metri di distanza dalla mia abitazione, verso la parte del paese rimasta miracolosamente in piedi ed è lì che mi portarono, nell’abitazione del signor Marogna. Mi vestirono con abiti del figlio che aveva la mia stessa età e poi, accortisi che mi usciva del sangue da un orecchio, mi caricarono sulle spalle camminando sulle macerie. Durante il tragitto ricordo che vedendo quello che rimaneva di un’auto dissi -Questa è la macchina del mio papà ma lui non lo vedrò più.- Probabilmente avevo ricordato il numero della targa della sua auto.

Mi portarono dal medico condotto dl paese vicino e dopo avermi visitato mi fece ricoverare presso l’ospedale di Pieve di Cadore dove rimasi non so per quanto tempo. Di quel periodo non ho ricordi, nemmeno dei medici, degli infermieri, delle medicine o delle bende. Ricordo solo le visite dei parenti e conoscenti e, soprattutto, della Principessa Titti di Savoia. Quella notte ho perso i genitori, il mio fratellino ed uno zio. (da sopravvissutivajont.org)