Inquinamento nel cibo, Mamme No Pfas e Greenpeace pubblicano i dati della Regione

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Le Mamme No Pfas e Greenpeace pubblicano oggi tutti i rapporti di prova ottenuti dalla Regione Veneto e relativi ai monitoraggi effettuati sulla presenza di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) negli alimenti di origine vegetale e animale coltivati in zona rossa, l’area del Veneto più contaminata da queste sostanze chimiche pericolose. La documentazione era già disponibile, su richiesta, dallo scorso 20 settembre, quando le due organizzazioni hanno diffuso le prime informazioni.

Da oggi oltre alle mappe già rese note il mese scorso ne sono state aggiunte altre con tabelle in cui è possibile visualizzare i dati per ogni singolo alimento nonché verificare la presenza di ogni singolo Pfas.

“È paradossale che ancora una volta siano Greenpeace e le Mamme No Pfas a condurre un’operazione di trasparenza e accessibilità alle informazioni mentre la Regione continua a trincerarsi dietro un silenzio assordante. Le popolazioni che da decenni convivono con livelli allarmanti di sostanze chimiche – non solo nell’ambiente in cui vivono ma anche nel loro corpo – hanno il diritto di sapere a cosa vanno incontro mangiando gli alimenti provenienti dalla zona rossa. Lo stesso discorso vale anche per tutte le altre persone, italiane e straniere, che, in modo inconsapevole, potrebbero ancora oggi consumare decine di alimenti con elevati livelli di Pfas per colpa dell’inerzia istituzionale. Il presidente Zaia, che si è sempre dichiarato attento alla questione, non interviene e di fatto continua ad avallare il comportamento opaco e omissivo della Regione: una mancanza inaccettabile proprio da parte di quelle istituzioni che dovrebbero tutelare la salute della popolazione”.

Il “Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchiliche” era stato realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità su commissione della Regione. Si tratta di dati che a fine 2017 erano stati resi noti ma solo in forma aggregata e non geolocalizzata all’interno della grande area della contaminazione. Dopo quattro anni di braccio di ferro con la Regione Veneto, sbloccati solo dalla sentenza con cui il Tar del Veneto dello scorso 8 aprile, Mamme No-Pfas e Greenpeace aveva, appunto il 20 settembre scorso, reso noto il numero di campioni, dove sono stati prelevati e soprattutto il loro grado di contaminazione. I picchi riguardavano le carni (36.800 nanogrammi di Pfas in un chilo di fegato suino), ma anche il pesce (18.600 nanogrammi in un chilo di carpa). Il dato più preoccupante era però quello relativo alle uova di gallina: 37.100 nanogrammi di Pfas in un chilo. Si tratta della somma di dodici sostanze perfluoroalchiliche, le stesse su cui si concentrano il biomonitoraggio della Regione e le analisi sull’acqua resa potabile grazie ai filtri a carboni attivi.

“Dall’analisi di questi dati – spiegano in una nota – sono emersi numerosi aspetti poco chiari legati, tra l’altro, all’assenza di alcuni alimenti tra le matrici analizzate (ad esempio meloni, angurie, mele e altri vegetali a foglia larga) e alla poca chiarezza sui criteri geografici che hanno guidato la scelta dei campioni da analizzare”. “Inoltre, dai dati ricevuti non è possibile individuare eventuali legami con filiere agricole e zootecniche che vendono i propri prodotti sul mercato nazionale e straniero. A ciò si aggiunge – prosegue il comunicato – la consegna parziale dei risultati da parte della Regione Veneto: a fronte di 1248 alimenti analizzati, sono stati forniti solo gli esiti delle indagini effettuate su 908 campioni, con solo pochi dati riferiti al pescato. Per ottenere le informazioni mancanti invieremo nei prossimi giorni alla Regione Veneto una nuova istanza di accesso agli atti”.

Qui è possibile scaricare tutti i rapporti di prova. Qui è invece possibile consultare le mappe e le tabelle.