Medici e infermieri contro Zaia sulla gestione delle professionalità sanitarie

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La conferenza stampa dal punto informativo di Marghera

Da una parte, la decisione della Giunta Regionale del Veneto di istituire un percorso formativo complementare per gli Oss, gli operatori socio sanitari come modo per venire a capo della carenza di personale nelle Rsa. Dall’altro, l’uscita di Luca Zaia durante l’ultima conferenza stampa sul Covid prima di Pasqua parlando di vaccinazioni: “Stiamo dicendo da mesi che per fare iniezioni non serve una laurea”. Due fatti sui quali, oltre alle opposizioni in Consiglio Regionale, hanno preso duramente posizione sia l’Ordine delle professioni infermieristiche che quello dei Medici.

Gli “infermierini”. La delibera 305 della Regione Veneto del 16 marzo scorso, aveva spiegato l’assessore alla sanità Manuela Lanzarin, “apre nuove prospettive formative per gli Oss che già hanno specifici requisiti di esperienza. Grazie al corso, che la Conferenza delle Regioni ha riproposto da un accordo del 2003, l’Oss dopo una specifica formazione entra nell’équipe assistenziale e collabora con i professionisti sanitari e socio-sanitari, svolgendo attività assistenziali proprie, nell’ambito della pianificazione definita dai professionisti sanitari di riferimento”. La durata complessiva del corso di “Formazione complementare in assistenza sanitaria dell’Operatore Socio Sanitario”, aggiornata e integrata da un apposito gruppo di lavoro regionale ai fini dell’emergenza pandemica, è di complessive 400 ore fra discipline e tirocini svolti presso le aziende sanitarie e ospedaliere venete. Un percorso pressoché identico è previsto anche nella Regione Toscana.

Una proposta considerata “irricevibile” da parte del Coordinamento degli Ordini delle Professioni Infermieristiche della Regione Veneto, in particolare nei Centri Servizi per anziani, dove i bisogni di salute sono sempre più ad alta valenza sanitaria e quindi necessitano di assistenza infermieristica sempre maggiore” afferma il coordinamento stesso in una nota. “Questo provvedimento rischia di essere nocivo per tutti e soprattutto per i pazienti” aggiunge Federico Pegoraro, presidente dell’Ordine delle Professioni infermieristiche di Vicenza (Opi). “Siamo tutti perfettamente consapevoli – dice Pegoraro – della criticità della situazione sanitaria e della carenza di personale infermieristico. Carenza, è bene dirlo, frutto della cattiva e inefficiente gestione dei fabbisogni di personale fatta in passato e aggravatasi dopo lo scoppio della pandemia, tanto da diventare una vera e propria emergenza. Va però chiarito, a chi non è del settore, che la delibera prevede che gli Oss attuino prestazioni di competenza infermieristica che vanno ben oltre le loro responsabilità. Questo a seguito di una formazione teorica a distanza di sole 150 ore e 250 di tirocinio, esponendo a rischi in primis gli ospiti delle residenze sanitarie per anziani, già in elevata condizione di fragilità, loro stessi e infine anche gli infermieri, che mantengono comunque la piena responsabilità dei risultati dell’assistenza e dell’appropriatezza della presa in carico del paziente”. A rilevare i rischi che si prospettano con l’applicazione di questa delibera è stato anche il Migep, la maggiore associazione di categoria degli Oss a livello nazionale.

E mentre le opposizioni in Consiglio Regionale parlano di scorciatoie pericolose, il Coordinamento Opi del Veneto sta valutando l’opportunità di presentare un ricorso al Tar, “cosa che non sarebbe avvenuta se la Regione Veneto avesse coinvolto gli Ordini infermieristici fin dall’inizio, per ragionare assieme sulle possibili alternative di gestione del problema, invece che imporre direttamente soluzioni come queste. Un problema sia di merito che di metodo, che non ci lascia altre alternative” conclude Pegoraro.

Laurea e vaccini. Il presidente della Federazione regionale dell’Ordine dei medici (Omceo) del Veneto, Francesco Noce, interviene invece sulle parole del governatore Zaia, che per accelerare sulla campagna vaccinale chiede più vaccinatori, anche non medici. Noce ribadisce come i vaccini abbiano seguito un rigoroso iter di approvazione, ma evidenzia come l’iniezione sia “una piccola parte di un processo ben più ampio.

“In fondo è assolutamente vero – scrivono sarcasticamente i presidenti dell’Ordine delle diverse province del Veneto -, nonne mamme e zie ci hanno tutti punturato da bambini con le siringhe di vetro ‘sterilizzate’ nel bollitore. E ci saranno badanti che saranno ormai diventate autentiche spadaccine a maneggiare le siringhe. E cosa dire dei tatuatori e degli agopuntori che lavorano con gli aghi per professione ? In fondo potrebbero offendersi … Ancora: per circolare sulle strade con l’automobile è obbligatorio conseguire la patente di guida e precisamente quella B, la A è solo per le moto, ma, se qualcuno glielo insegna, chiunque può essere in grado di guidare un veicolo senza patente, magari nel giardino di casa sua”.

“Tornando ai vaccini – scrive con toni più preoccupati la federazione regionale Omceo – in realtà la puntura è solo la parte temporale minimale di tutto il processo che si articola in cinque fasi: 1) L’anamnesi o storia clinica del paziente, competenza esclusivamente medica, il cui corretto apprendimento, che consegue allo studio della clinica e patologia medica, è anche oggetto di esame durante il corso di laurea in medicine e chirurgia; 2) L’acquisizione del consenso informato sul foglio prevaccinazione , anch’essa di esclusiva competenza medica, (su cui si sono impiegati fiumi di inchiostro in particolare durante i procedimenti penali a carico dei medici) dopo adeguato colloquio informativo tra medico e paziente; 3) La preparazione del vaccino, disinfezione, puntura intramuscolare sul muscolo deltoide della spalla in modalità sterile, medicazione di copertura sede di inoculazione a carico di infermiere o medico; 4) L’osservazione del paziente, di norma seduto su una sedia in sala d’attesa, per possibili eventi avversi per idiosincrasie, allergie, reazioni anomale, sintomatologia legata allo stato di ansia con eventuale ed adeguato intervento rianimatorio in casi estremi se necessario; 5) La registrazione e consegna del certificato di avvenuta vaccinazione firmato da operatore sanitario abilitato. Queste, caro Presidente Zaia, sono le regole della sanità, non le hanno scritte solo i medici ed hanno basi scientifiche e legali consolidate. Appare evidente che le regole del gioco sono cambiate, per motivi economici e di comodità, ma noi, da medici, speriamo non sulla pelle del pazienti”.

“Ci sono già 200 mila medici e migliaia di infermieri in Italia e nel Veneto a disposizione per eseguire correttamente tutte le procedure sopra elencate – conclude il duro comunicato – ma questo per lei sembra un dato senza importanza. Ci permettiamo di fare un’ultima considerazione: allo stato quello che manca per mettere in sicurezza la popolazione sono i vaccini ed una adeguata ed efficiente organizzazione, non certo i vaccinatori“. Anche il presidente nazionale dell’Ordine dei medici Filippo Anelli ha diffuso in merito un comunicato: “No alla banalizzazione delle competenze. I professionisti sanitari studiano anni per acquisirle, in maniera specifica e mirata per le professioni che andranno a esercitare”.