Ospedali Covid, si torna come a marzo. Zaia: “Da martedì chiuse attività non essenziali”

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Una delle conferenze stampa in Protezione civile (archivio)

Chi è causa del suo mal pianga se stesso“. Il riferimento è all’utilizzo scarso o scorretto delle mascherine di protezione e in generale al comportamento superficiale in queste settimane da parte dei (troppi) cittadini. La parole che richiamano al proverbio senza tempo sono di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, proferite nel corso del punto stampa odierno a Marghera, nel corso dell’ennesimo appello alla prevenzione.

Conferenza tornata purtroppo abituale il cui tema centrale è stato l’annuncio – diffuso insieme all’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin – ampiamente previsto in considerazione del trend crescente di ricoveri per coronavirus, della riapertura imminente dei 10 Covid-center regionali. Ospedale di Santorso compreso per il territorio vicentino. Con il corollario automatico della conseguente quanto drastica riduzione dei servizi e degli interventi differibili nel tempo. Solo le prestazioni urgenti e non rinviabili, in altre parole, rimarranno garantite agli utenti.

Il tutto a fronte di un nuovo incremento giornaliero – record – di contagi nel Veneto, con un +3.800 circa di positivi accertato alla prova tampone e oltre un centinaio di nuovi pazienti Covid ricoverati (109 per la precisione, con 12 in più in area respiratoria critica). Numeri che ora fanno paura anche in Regione, solo a due giorni di distanza dalla distensione parziale dopo l’inserimento in “fascia gialla”. In particolare sul fronte ospedaliero, il più critico, si affilano le armi per fronteggiare il culmine dell’ondata autunnale. La diffusione del morbo asiatico di origine cavalca numeri che potrebbero portare entro 7-10 giorni, di questo passo, alla temuta situazione di grave sofferenza del sistema sanitario veneto. A ritmi di una media 3.500 contagi, 100 ricoveri e 10 assistenze in terapia intensiva giornaliere su scala regionale come riscontrato in questa settimana, il sistema ospedaliero, così come lo conosciamo in regime ordinario, rischia altrimenti il collasso.

Nel corso del punto stampa ribadita una considerazione già più volte evidenziata da parte del Governatore, vale a dire che “a marzo si facevano molti meno tamponi, altrimenti le proporzioni sarebbero state ben diverse” ma anche la preoccupazione per la piega attuale dell’epidemia in Veneto, non ancora prossimo al “picco” previsto per metà novembre. Picco solo teorico, con situazione da valutare giorno per giorno dati alla mano. Nel frattempo, si alza la prima linea sanitaria, predisponendo i reparti degli hub dedicati all’emergenza e riconvertendo, come a marzo, il personale interno. Medici e infermieri in particolare.

Alla citazione del detto sopracitato, si affiancano altre precisazioni salienti. “E’ vero che ci stiamo preparando all’uragano, ma senza panico. E’ una partita che teniamo tra le nostre mani, se i cittadini portano bene le mascherine, il contagio gradualmente si azzera. Ma a quanto pare c’è qualcuno che ancora non ci sente. Il rischio di passaggio alla fase arancione – di cui viene smaltita l’imminenza – dipende anche da loro”. La fase 4, quella della riduzione dei servizi ordinari e la riallocazione di reparti e operatori sanitari, dovrebbe prendere corpo a partire da martedì 10 novembre.