Sanità, 9 medici su 10 sarebbero intenzionati a lasciare il servizio pubblico

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Da un’indagine condotta dal sindacato Cimo-Fesmed si apprende che i medici del Veneto sarebbero più orientati a passare dalla parte del servizio privato che continuare a servire la sanità pubblica. I dati pubblicati riguardano un campione di 583 camici bianchi intervistati e il risultato è alquanto allarmante, 9 dottori su 10 sarebbero pronti al grande salto. C’è chi lamenta una situazione divenuta insostenibile con la pandemia, chi pensa alla pensione e chi vede il proprio futuro non solo lontano dal Veneto ma, addirittura, fuori Paese.

La fotografia creata dall’indagine preoccupa anche il segretario del sindacato Giovanni Leoni che commenta con poche parole ma che pesano come un macigno: “Se le aziende sanitarie non presteranno le dovute attenzioni alle condizioni di lavoro saranno sempre di più gli specialisti che decideranno di dimettersi”.

Ancheì le Consigliere regionali del Partito Democratico della Quinta commissione Anna Maria Bigon e Francesca Zottis, insieme alla Vicecapogruppo Vanessa Camani, commentano i risultati del sondaggio della Federazione Cimo-Fesmed. “Se l’89% dei medici ospedalieri del Veneto preferirebbe lasciare il pubblico contro il 72% del dato nazionale significa che esiste un caso-Veneto da affrontare con urgenza. Non basta scaricare ogni responsabilità sulla programmazione nazionale, che certo è carente”.

Sono dati che purtroppo non ci sorprendono – proseguono le tre Consigliere – visto che da inizio pandemia denunciano le condizioni in cui si trovano a lavorare: carichi eccessivi, appena il 18% si limita alle 38 ore previste dal contratto e il 24% supera le 48 non rispettando la normativa europea, scarso riposo e impossibilità di andare in ferie a causa degli organici ridotti all’osso. Già Anaao-Assomed in un monitoraggio aveva evidenziato l’elevato numero di medici ospedalieri dimissionari in Veneto ancor prima del Covid, con cifre sproporzionate rispetto alla media italiana: incremento del 500% in dieci anni contro il 59% nazionale”. 

Ogni volta che abbiamo sollevato la questione e le conseguenze che porta con sé – concludono Bigon, Zottis e Camani – siamo stati accusati di strumentalizzare e di non riconoscere il grande lavoro degli operatori sanitari. Il 76% degli intervistati vorrebbe continuare a fare il medico, ma appena l’11% opterebbe ancora per il pubblico: la Regione deve farsi delle domande e confrontarsi con le associazioni di categoria per trovare in fretta delle risposte. Altrimenti le dimissioni continueranno ad aumentare, mettendo ulteriormente in ginocchio la sanità pubblica”.