Un vaccino anticovid sarà sperimentato in Veneto: circa 70 i volontari. L’annuncio di Zaia

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La paura fa novanta, e forse anche più quando ad atterrire le persone è la pandemia di coronavirus, e e saranno proprio 90 i volontari – in larga parte veneti – che faranno da “cavie” per la sperimentazione di un nuovo vaccino contro il Covid-19, chiamato Grad-Cov2. Ad annuncialo ieri, durante il punto stampa dall’unità di crisi della Protezione Civile di Marghera, è stato il governatore del Veneto Luca Zaia. A testarlo saranno in particolare 70 cittadini veronesi (nel Lazio i rimanenti), visto che un ospedale scaligero farà da centro di riferimento per la fase di test che si aprirà nei prossimi mesi. In collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma, capofila del progetto.

Se tutto andrà secondo i piani sanitari previsti, si dovrebbe ottenere il via libera definitivo alla distribuzione del vaccino completo e testato e per la produzione su larga scala entro fine anno, del 2021 però. Una corsa contro il tempo che, per quanto accelerata su scala mondiale, non potrà raggiungere l’obiettivo prima di 12/15 mesi. A progredire nella ricerca un’azienda biotecnologica con sede a Roma – ReiThera la denominazione – che ha attinto agli anticorpi sviluppati dai gorilla per combattere il raffreddore.

Il vaccino in fase embrionale ha già concluso, in appena 8 settimane di ricerca e dopo i primi test empirici, le due fasi precedenti, vale a dire quella della prima sperimentazione in vitro e successivamente sulle cavie animali (topi). Ad accompagnare ieri Luca Zaia alcuni dei fautori del progetto, Pier Francesco Nocini, magnifico rettore dell’Università di Verona, Stefano Milleri, direttore del Centro ricerche cliniche e Oliviero Olivieri, direttore del Dipartimento di Medicina dell’Università di Verona.

“E’ una grande comunicazione, siamo onorati che il Veneto e Verona sia l’attore principale – ha esordito ieri il presidente della Regione – in questa sperimentazione già avviata. Gli esperti dicono che ci sono già dei buoni segnali, con le tempistiche dovute potremo somministrare il vaccino su larga scala, sia chiaro in maniera non obbligatoria”. Due le fasce d’età predeterminate, coinvolgendo maschi e femmine adulti dai 18 ai 45 anni e in un secondo step le persone più anziane e più fragili, secondo le prime indicazioni gli Over 65. Le dosi in misura crescente saranno iniettate in tre fasi distinte, valutando le risposte immunitarie e l’efficacia.

“In tutto il mondo sono 25 i vaccini testati al mondo, di cui 5 in fase tre – ha spiegato il rettore nel corso della presentazione del progetto gestito dal Centro di Ricerche Cliniche di Verona -. L’imperativo è aiutare la gente, lasciando perdere gare a chi arriva prima o screzi tra scienziati, è il momento di fare squadra: qui non c’è nessuno che vince o che perde. Più strade si testano più si avranno notizie certe per trovare una soluzione a questa pandemia, e tutto andrò a vantaggio della popolazione”.

Nel dettaglio, lo studio clinico si basa sulla cura per l’adenovirus, nome tecnico che definisce il comune raffreddore, dal quale sono affetti anche i gorilla. Un primate che presenta una risposta immunitaria specifica in base a una particolare proteina, studiata dagli scienziati legati al progetto e impegnati su questo filone. Un percorso intrapreso due mesi fa che dal piano teorico è già passato alla “sfida” dell’atto pratico, con “ottime premesse” come specificato in conferenza stampa. Si parte a fine agosto.