Il regolamento antisessista del Tribunale di Vicenza alla ribalta dei media nazionali

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...
Il tribunale di Vicenza

A menzionarlo per prima, nei giorni scorsi, è stata la testata nazionale Repubblica, che ha dedicato ampio spazio al vademecum di regole – definito come un vero e proprio decalogo – che nella “casa della giustizia” di Vicenza e provincia protegge le donne da apprezzamenti non voluti e non richiesti da parte di chi frequenta le aule del Tribunale berico.

Che si tratti di imputati, impiegati pubblici, inservienti e perfino avvocati e giudici, il regolamento vale per tutti, in particolare per chi rientra tra i circa 200 dipendenti pubblici del Ministero di Giustizia: al bando sono finiti ad esempio fischiettare, battute ambigue, gli ammiccamenti fuori luogo. Rispetto prima di tutto per il “gentil sesso”, per non cadere nel campo minato dei comportamenti sessisti: dura lex sed lex, anche in questo delicatissimo ambito.

Una curiosità assurta a notizia d’attualità e ripresa da una molteplicità di media nazionali ma che ai più, proprio a Vicenza, era invece sfuggita e passata sottotraccia. Forse perchè, al di là di decaloghi e freni formali agi ormoni “galoppanti”, alla fine si tratta di assumere comportamenti da gentiluomini a maggior ragione in una sede poco consona ad avances da bar o da spiaggia. Tanto più che, se si oltrepassa il limite, il rischio è proprio di far tappa in una delle aule di giustizia di Borgo Berga per pagare dazio in caso di “complimenti” o atteggiamenti che possono configurare perfino le molestie. Un reato.

Si tratta di un vademecum interno, una sorta di policy aziendale di comportamento, redatto da un comitato di funzionari – al femminile perlopiù ma non certo in “esclusiva “- che ha stilato una pagina di indicazioni da qualche giorno conosciuta in tutta Italia. E che, c’è da aspettarselo, verrà imitata e “fotocopiata” in altre sedi istituzionali, non necessariamente o non solo nei tribunali. Regole di buona condotta che nascono dall’esigenza di garantire non solo rispetto ma anche dignità alla sfera femminile, visto che anche qui le immancabili allusionispesso volgari – al sesso, i doppi sensi, gli apprezzamenti sdolcinati fino ad arrivare alle carezze anche se qui il rischio è di sconfinare nel (pericoloso) contatto fisico, hanno stancato davvero.

Nel documento non si parla, a onore del vero, solo di aspetti per così dire “piccanti” ma in generale del benessere sul posto di lavoro. Banditi anche commenti irriguardosi e derisioni sull’aspetto fisico in tempi moderni note come body shaming e qualsiasi condotta umiliante nei confronti di chiunque varchi la soglia del palazzo di giustizia provinciale, il cui direttore è Alberto Rizzo, costretto a districarsi tra le richieste d’intervista in questi giorni. Infine, da evidenziare come siano stati designati anche i “controllori”, in questo caso uomini e donne funzionari interni che hanno il compito di vigilare sulle disposizioni messe nero su bianco e anche di raccogliere eventuali doglianze e segnalazioni, fino alle denunce che poi rischiano di finire sullo stesso tavolo, magari e chi lo sa, del collega dell’ufficio accanto.