In vent’anni giù di un terzo le nascite nel Vicentino. Indagine Cisl: ragioni economiche e mancanza di servizi

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Un fermo immagine tratto dal cortometraggio Adamo, dell'azienda Plasmon (adamo.plasmon.it)

Proprio come il cambiamento climatico, anche l’inverno demografico che ha colpito l’Italia ha delle cause precise. Per capire quali, almeno per quanto riguarda la provincia berica, Cisl Vicenza ha condotto una nuova indagine tramite il proprio Centro Studi. Curata dai ricercatori Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peroni, ha riguardato un campione di oltre mille vicentini che hanno risposto ad un apposito questionario.

Il tutto a partire da una considerazione: il calo demografico è una realtà innegabile anche nel Vicentino, dove si è passati dagli 8.592 nati nel 2002 ai 5.926 del 2022 (-31% in soli vent’anni), con un tasso di natalità sceso da 10,7 nascite ogni 1.000 abitanti nel 2002 (con una punta di 11,2 nel 2004) a 7,2 del 2021.

Certo non aiuta la fiducia nel futuro: il 67,3% degli under 35 prevede per quando avrà cinquant’anni una condizione di vita peggiore rispetto a quella dei propri genitori. Eppure il 79,53% dei rispondenti al di sotto dei 35 anni si immagina con figli quando avrà cinquant’anni: per la precisione, immagina di averne l’84,4% delle donne e il 70,97% degli uomini.
Questo dato evidenzia dunque come la genitorialità oggi non sia più una scelta scontata, ma allo stesso tempo conferma una generale elevata predisposizione all’idea di avere dei figli. Se dunque la volontà continua a esserci, quali ostacoli frenano lo sviluppo demografico? Ecco allora che l’indagine condotta dal Centro Studi Cisl Vicenza si è concentrata sulla valutazione degli strumenti e servizi a supporto dei genitori.

Lo strumento che incontra la valutazione più elevata – relativamente parlando – è l’assegno unico: il 18,6% esprime un giudizio molto positivo, il 14% positivo e il 16,8% né positivo né negativo, a fronte di un 21% di valutazioni negative e un 29,3% di giudizi molto negativi.
Ancora peggiori sono le valutazioni sugli asili nido: rispettivamente il 32% e 23,5% esprime un parere molto negativo o negativo; solo il 12,3% ha una valutazione molto positiva e il 12,8% positiva; il 19,2% un parere neutro.
Decisamente carente sembra essere anche l’offerta di servizi per il doposcuola: qui la valutazione è molto negativa addirittura per il 41,3% e negativa per un ulteriore 23,7%; solo il 7,2% esprime un parere molto positivo e il 12,5% una valutazione comunque positiva; il 15% né positiva né negativa. 

In questo contesto, anche la ricerca di una baby sitter sembra essere problematica. Il 45,1% esprime un giudizio molto negativo, il 25,7% negativo; solo il 4,5% e 5,9% valuta in modo rispettivamente molto positivo o positivo la disponibilità di questa forma di aiuto; il giudizio è invece neutro per il 18,7% degli intervistati.
A frenare la natalità, inoltre, sembrano essere anche le preoccupazioni economiche: per il 73,4% degli under 35 è questa la principale motivazione della riduzione della natalità, seguita dalla difficoltà di conciliare impegni di lavoro e famiglia (62,4%), la carenza di aiuti (50,2%), addirittura il timore di conseguenze professionali negative (45,6%), la preoccupazione per la cura dei figli (33,5%); mentre solo il 24,8% ritiene che ci sia un minore interesse rispetto al passato ad avere dei figli.

Questa classifica rimane sostanzialmente invariata (si invertono solo le ultime due voci) anche ponendo la stessa domanda agli over 35, sebbene le percentuali delle risposte risultino diverse: i motivi economici restano al primo posto ma solo per il 64% degli intervistati, seguiti da scarsità di aiuti e difficoltà di conciliare lavoro e famiglia quasi appaiati (rispettivamente, 45,9% e 45,6%); a seguire i timori per il lavoro (31,8%), un minore interesse da parte delle nuove generazioni (26,8) e una generale preoccupazione per la cura dei figli (23,8%).
“Con questa ricerca – spiega Raffaele Consiglio, segretario generale provinciale di Cisl Vicenza – proseguiamo il nostro percorso di indagine sul grande tema della denatalità e la conseguente difficoltà di incontro tra la domanda e offerta di lavoro. Abbiamo già evidenziato come tra 15 anni mancheranno 50 mila lavoratori nella sola provincia di Vicenza. Ora abbiamo voluto indagare le cause del fenomeno, ancora una volta non fermandoci agli slogan e ai luoghi comuni ma raccogliendo dati concreti e dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici. Il risultato è chiaro: nel nostro territorio, ma non solo, vi è una grave insufficienza di strumenti per supportare i genitori e quindi la natalità. Anche le preoccupazioni di tipo economico vanno lette in stretto collegamento con questa realtà dei fatti, perché in assenza di una rete di servizi adeguata molti genitori o aspiranti genitori sanno di non avere alternative se non quella di rivolgersi a costosi servizi privati”.

Da qui l’invito di Cisl Vicenza: “Sul tema del supporto alla natalità ci sono sicuramente misure di competenza nazionale, ma anche gli enti locali possono fare molto, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità e i costi dei servizi nel territorio. È dunque necessario che il tema sia inserito tra le priorità di tutte le Amministrazioni Locali. Allo stesso tempo, anche le aziende devono attrezzarsi sul piano culturale e organizzativo per offrire ai propri dipendenti strumenti di welfare o altre forme di agevolazione, dalla flessibilità oraria ai nidi aziendali: tanto più che oggi queste iniziative non sono più solo una questione etica, ma diventano uno strumento di competitività nella misura in cui possono aiutare le imprese a essere attrattive rispetto al personale in un momento storico di crescente carenza di lavoratori”.