L’affare (sporco) dei bonus edilizi viaggia dalla Campania a Vicenza: evasi 3,5 milioni

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Ci sarebbe anche un’azienda vicentina complice di un affare illecito da 3,5 milioni di euro, con un ruolo cruciale nel sistema truffaldino architettato ad Avellino, in Campania, da gente pregiudicata e in alcuni casi risultante come percettrice di reddito di cittadinanza, in pratica truffando “al quadrato” le casse pubbliche. E che ha trovato nel bando noto come “Bonus edilizio 110%” una sorta di novella “gallina dalle uova d’oro”, dopo aver messo in piedi un articolato sistema di documentazione fittizia a comprovare l’effettuazione di lavori in realtà mai effettivamente svolti.

Tutto questo al fine di riscuotere i crediti d’imposta basati in realtà sul nulla. A indagare sul malaffare emerso oggi alla ribalta dopo i provvedimenti presi dalla Procura di Avellino, è da tempo la Guardia di Finanza irpina. Sono due gli ordini di sequestro resi esecutivi nelle scorse ore a tutela delle finanze dello Stato e a scopo preventivo.

Riguardo alle persone fisiche, sono in tutto 30 le persone sotto indagine e destinatarie degli avvisi, quasi tutte residenti in Campania ad eccezione di uno (o più) vicentini, figurante come legali rappresentanti di una ditta con sede in provincia ma che per i finanzieri ricopre un mero ruolo di “società cartiera”, senza un’effettiva struttura. Alla diffusione della notizia, giunta stamattina, non è stata per il momento fornita dal Gip di Avellino la denominazione e nemmeno l’ubicazione dell’azienda veneta.

Nel testo diffuso dalla Procura avellinese si parla di “elevatissimo numero di comunicazioni telematiche i cessione di crediti d’imposta connessi a lavori edilizi mai effettuati”. L’incrocio dei dati ha permesso di smascherare l’ennesima truffa i danni dello Stato sul tema del “Bonus 110”, anche se sarà necessario attendere i tempi del giudizio per l’attribuzione delle responsabilità in merito e ottenere un risarcimento.

Da notare come i beneficiari del denaro di “ritorno” sarebbero in gran parte pregiudicati o percettori di reddito di cittadinanza, e in alcuni casi perfino entrambi, come ha evidenziato il reparto delle Fiamme Gialle dopo le investigazioni in merito alle posizioni di ciascuno degli indagati. Tra questi anche dei soggetti ritenuti dei prestanome in provincia di Vicenza, dove ha sede la ditta ora sotto esame che ha “certificato” i lavori fasulli per il tornaconto delle 30 persone che dovranno rispondere in giudizio.