Giuseppe Faresin e il sogno infranto, costretto a lasciare l’Alaska

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Doveva essere l’impresa della vita, quella della navigazione del fiume Noatak in solitaria con il suo inseparabile kayak, nella selvaggia Alaska, ma un imprevisto ha messo fine alla spedizione ancora prima dell’inizio. Dopo un viaggio interminabile durato due giorni, Giuseppe Faresin si è ritrovato a Kotzebue con uno dei bagagli mancanti, il più importante: quello che conteneva, tra le altre cose, la canoa. Partito dalla sua Sandrigo, ha dovuto fare ben presto i conti con lo stato di agitazione degli operatori di volo a Francoforte, la situazione ha creato un gran caos e la compagnia Lufthansa non ha saputo rintracciare il materiale mancante.

Nel cerchio, il bagaglio smarrito a Francoforte

Partito da Venezia con 6 grandi valige, Faresin ha raggiunto prima Francoforte e poi Anchorage nella zona centro meridionale dell’Alaska, dopo una notte di sosta il nuovo trasferimento verso Kotzbue, un villaggio di 3mila abitanti, da qui il sandricense doveva trasferirsi con un Cessna in direzione Noatak River per percorrere i 684 chilometri a bordo del suo kayak, purtroppo però la spedizione non partirà mai. Per un disguido, dunque, causato da fattori indiretti, costringe Giuseppe Faresin ad alzare bandiera bianca e far ritorno a casa. “Sei mesi di preparazione buttati al vento -commenta Faresin raggiunto telefonicamente- una delusione mista rabbia perché avevo preparato tutto nei minimi particolari, non mi resta che dire: pazienza, convinto però di ritornare e compiere l’intero programma”. 

La delusione, mista rabbia, nelle parole del 69enne sono lampanti, la logistica è stata la parte più difficile da organizzare con i 140 chilogrammi di materiale partiti con lui, tra cui la canoa (mai arrivata), 30 chilogrammi di cibo, due sistemi satellitari e tanto vestiario pesante per ripararsi dal freddo visto che alla partenza del fiume Noatak c’è ancora la neve. E ancora, spray anti orso, stivali, combustibile e un’arma per difendersi vista la vicina riserva protetta  “Gate to the Arctic”.  “Impossibile reperire il materiale mancante in questi luoghi -conclude Faresin- qui non c’è niente e i pochi residenti vivono di sussidi, un po di caccia e pesca. Siamo nell’Alaska più selvaggia, se arrivi qui senza tutto l’occorrente non puoi farcela, ecco perché lo smarrimento del bagaglio compromette inevitabilmente l’intera spedizione. Oltre alla preparazione ci sono costi importanti e per questo motivo mi riservo di agire per vie legali contro la compagnia aerea”.