100 pazienti trasfusi con il metodo Car-T al San Bortolo. Lanzarin: “Orgoglio veneto e nazionale”


Giovedì 19 giugno l’Ospedale San Bortolo di Vicenza ha festeggiato, alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, un prestigioso traguardo raggiunto: cento pazienti malati di alcune gravi forme di leucemia e linfoma sono stati trattati con un metodo curativo estremamente avanzato, denominato CAR-T, un’infusione cellulare ottenuta da globuli bianchi prelevati dal paziente, inviati in laboratori specializzati negli Usa o in Germania, dove vengono modificati per diventare cellule iperattive verso determinate cellule malate, che vengono infine reinfuse nel malato.
Si tratta di una terapia che richiede un grande livello di preparazione clinica, conoscenze estremamente specifiche e un lavoro multidisciplinare che coinvolge l’Ematologia, la Medicina Trasfusionale, la Terapia Intensiva, la Neurologia e la Farmacia Ospedaliera. Tutti gli specialisti di queste branche della medicina erano presenti con l’assessore Lanzarin e la direttrice generale dell’Ulss 8 Berica, Patrizia Simionato, alla conferenza stampa in cui è stata illustrata questa realtà d’avanguardia, che in Veneto, oltre a Vicenza, viene praticata solamente all’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona e all’oncoematologia pediatrica dell’Azienda Ospedale Università di Padova.
“Quando al San Bortolo sono partiti con questa straordinaria esperienza, ben 5 anni fa tra mille difficoltà autorizzative e organizzative – ha detto Lanzarin – la Regione ci ha visto lungo e ha subito appoggiato e finanziato questa impresa di medicina di frontiera. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e rendono orgoglioso tutto il sistema sanitario veneto. E’ una cura cucita al millimetro sulle caratteristiche e le condizioni di salute della persona malata, nella cui definizione nulla viene lasciato al caso, tanto che per raggiungere quota cento i sanitari hanno dovuto valutare approfonditamente trecento candidati”.
“Il CAR-T – ha aggiunto – è la classica terapia salvavita, perché interviene su persone dalla diagnosi spesso infausta e dona loro miglior qualità di vita e in molti casi, la guarigione. Il merito è solo dei medici e degli infermieri che formano un team di altissima specializzazione e ai quali va tutta la nostra riconoscenza. Dopo la mossa pionieristica fatta da Vicenza nel 2020 – ha proseguito Lanzarin – oggi della questione si discute ampiamente anche a livello nazionale sulla prospettiva di ampliare la rete specifica e di istituire nuovi centri di riferimento, anche interregionali. Dobbiamo essere pronti per questa nuova sfida – ha concluso – perché il Veneto, dopo aver aperto la strada, vuole essere protagonista anche nel tracciare quella futura”.
All’interno del percorso di CAR-T, frutto del lavoro integrato di più professionalità, la Medicina Trasfusionale svolge una parte cruciale attraverso il coinvolgimento di tre settori: Aferesi Terapeutica, Laboratorio di Manipolazione Cellulare e il Laboratorio di Validazione Biologica degli emocomponenti. L’attività dell’Aferesi Terapeutica rappresenta la prima tappa fondamentale del processo CAR-T con la raccolta aferetica dei linfociti del paziente, che avviene in una sala terapia dedicata mediante la tecnica della linfocitoaferesi realizzata con separatori cellulari che consentono di isolare in modo selettivo e sicuro i linfociti dal sangue periferico del paziente.
Questa tecnologia permette di ottenere un prodotto di qualità elevata, riducendo al minimo i rischi e salvaguardando la compliance del paziente alla procedura. In questi anni di esperienza la Medicina Trasfusionale di Vicenza ha messo in atto un’organizzazione efficiente e flessibile che consente di programmare e calendarizzare delle raccolte entro 3-7 giorni dalla presa in carico, ottimizzando i percorsi ambulatoriali e garantendo al paziente un accesso rapido e sicuro alla terapia ambulatoriali. Ogni trattamento ha un costo che si aggira sui 200 mila euro.
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