Paderno Dugnano, uccise genitori e fratello: condannato a 20 anni Riccardo Chiarioni


È stato condannato a vent’anni di reclusione, il massimo della pena, Riccardo Chiarioni, il ragazzo, oggi 18enne, che nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2024, in una villetta a Paderno Dugnano, nel Milanese, uccise con 108 coltellate padre, madre e fratello di 12 anni. Lo ha deciso nel processo con rito abbreviato il Tribunale per i minorenni di Milano, dopo oltre 10 ore in camera di consiglio. Non è quindi stato riconosciuto il vizio parziale di mente del ragazzo, come richiesto dal legale Amedeo Rizza, nonostante fosse stato accertato da una perizia psichiatrica. Il difensore puntava al proscioglimento e dichiara battaglia: “Una sentenza durissima che non posso accettare e che impugnerò”. I pm avevano già disposto per lui un percorso specifico di cure.
Cosa accadde. Nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024, il giovane ha colpito a morte i genitori e il fratellino mentre dormivano. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ragazzo avrebbe agito con lucidità, pianificando l’attacco nei giorni precedenti. Gli investigatori hanno infatti trovato nell’abitazione armi da taglio nascoste e alcuni appunti che testimonierebbero la premeditazione. Il giovane, al termine del massacro, aveva chiamato le forze dell’ordine per confessare quanto accaduto. “Li ho uccisi tutti”, avrebbe detto al centralino del 112.
Nella discussione, la Procura per i minori ha chiesto per il ragazzo il massimo della pena, 30 anni, scontata di un terzo per il rito (quindi 20 anni), e che le aggravanti, tra cui la premeditazione, prevalgano sulle attenuanti e sulla semi-incapacità di intendere e volere. La difesa, invece, ha chiesto che venga riconosciuto un vizio totale di mente e che sia prosciolto o, in subordine, che venga comminata una pena tenendo conto del vizio parziale e delle attenuanti.
In questi mesi il ragazzo ha ripercorso i dettagli della strage senza fornire un movente preciso. In questi mesi ha proseguito gli studi nel carcere minorile, preparandosi per gli esami di maturità. Una perizia in incidente probatorio ha stabilito che il giovane era parzialmente incapace di intendere e di volere quando uccise i familiari. Per il consulente della difesa, il ragazzo era totalmente incapace di intendere e volere. Secondo la perizia psichiatrica, il giovane viveva tra realtà e “fantasia”, voleva rifugiarsi in un mondo fantastico, che lui chiamava della “immortalità”, e per raggiungerlo nella sua mente era convinto di doversi liberare di tutti gli affetti.
Nonostante la condanna, i magistrati hanno disposto per il giovane un programma terapeutico all’interno dell’Istituto penale minorile di Firenze, dove Riccardo è attualmente detenuto. Qui seguirà un percorso psichiatrico e psicologico, con l’obiettivo di affrontare i disturbi emersi durante le indagini.