Il G7 riconosce lo Stato palestinese. Netanyahu: “È una ricompensa al terrorismo”

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Per la prima volta alcuni membri del G7 hanno riconosciuto – formalizzandolo – lo Stato palestinese. Una decisione storica – anche se ampiamente annunciata – che segna uno spartiacque nei rapporti tra lo Stato ebraico e l’Occidente. Protagonisti sono Regno Unito e Canada, insieme con l’Australia, che hanno deciso di marcare una distanza rispetto alla durezza dell’offensiva israeliana a Gaza e per la spinta senza precedenti delle colonie. A Londra, Ottawa e Canberra si aggiungeranno Parigi e altre capitali in occasione dell’Assemblea Generale Onu.

Un’iniziativa forte dal punto di vista diplomatico, certo, anche se di valore soprattutto simbolico. Un’iniziativa che – come noto – non piace al premier israeliano Benyamin Netanyahu: “Non ci sarà nessuno Stato”, la sua promessa, mentre l’ultradestra ha invocato a gran voce l’annessione di tutta la Cisgiordania. “La soluzione a due stati non è una ricompensa per Hamas, perché non potrà avere nessun ruolo nel futuro”, sono state le parole di Keir Starmer nel video-intervento in cui ha annunciato la svolta di Londra. Non per andare contro Israele, ma “per ravvivare la speranza di pace”. Starmer tuttavia ha rilevato che “nelle ultime settimane, con l’offensiva e i bombardamenti su Gaza, la fame e la devastazione sono diventati intollerabili”, tanto più che dall’inizio della guerra “decine di migliaia di persone sono state uccise”.

Dunque il Regno Unito ha preso atto di quanto accaduto finora e di fronte alla mancata volontà di Netanyahu di trovare un accordo di cessate il fuoco, ha deciso di dare un segnale riconoscendo la Palestina. Così come Canada e Australia. “Un passo importante per una pace giusta e duratura”, ha sottolineato il presidente dell’Anp Abu Mazen. “Una vittoria per i diritti dei palestinesi”, il commento di Hamas. “State offrendo un’enorme ricompensa al terrorismo” è la risposta di Netanyanu in un video, il quale ribadisce che “non verrà istituito uno stato palestinese a ovest del Giordano”. Il premier, che volerà all’Onu per dare battaglia, ha poi rilanciato la sua sfida, rivendicando che sotto la sua leadership Israele “ha raddoppiato gli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria” e aggiungendo che “continueremo su questa strada”.