Strage di Paderno Dugnano, i giudici: “Il 17enne era lucido. Voleva l’immortalità”


Sono arrivate le motivazioni della sentenza di condanna a 20 anni di Riccardo Chiaroni che nel 2024, a 17 anni, a Paderno Dugnano (Milano) uccise padre, madre e fratellino di 12 anni, con oltre cento coltellate, dopo che tutti erano andati a letto, finita la festa di compleanno del padre.
Nelle 51 pagine firmate dal giudice Paola Ghezzi, si legge che il giovanissimo “manipolatore scaltro e attratto dal nazismo”, era “guidato dal pensiero stravagante” e “bizzarro” di raggiungere “l’immortalità attraverso l’eliminazione della propria famiglia”. Al giovane non fu riconosciuto dal giudice, il vizio parziale di mente, accertato invece dai periti e sottolineato dalla difesa che imputa alla Corte di avere ignorato ‘la sua patologia’.
Per i giudici infatti “le alterazioni della personalità presentate dall’imputato non lo hanno reso né totalmente, né parzialmente incapace d’intendere e volere”. Inoltre nelle motivazioni si evidenziano sia “la pianificazione del delitto”, che gli accorgimenti per allontanare da sé i sospetti. Tra questi, “una maglietta nera tagliata per coprire l’impugnatura del coltello, in modo da non lasciare impronte”.
Nelle motivazioni, c’è anche la ricostruzione della strage. Attraverso le dichiarazioni e gli interrogatori del ragazzo, che ora ha quasi 19 anni, e con le testimonianze di altri suoi familiari, si sono chiariti i dettagli di quegli omicidi avvenuti nella villetta di quella che tutti ritenevano, come si legge, una “famiglia normale”, una strage rimasta senza un vero movente.
“Vita tra realtà e fantasia”. Sebbene lo psichiatra Franco Martelli nella perizia abbia scritto che il ragazzo viveva tra realtà e “fantasia”, che voleva rifugiarsi in un mondo fantastico, che lui chiamava dell’ “immortalità” e che per raggiungerlo nella sua mente era convinto di doversi liberare di tutti gli affetti, il giudice nella sentenza ritiene che non emerga l’”evidenza di una condizione psichica di instabilità e di ingovernabilità”.
Escluso il vizio parziale di mente. Il 17enne, stando alla sentenza, “ha mantenuto lo stesso livello di organizzazione mentale durante le diverse fasi del delitto, non apparendo in alcun momento dissociato o soggetto ad alcuno scompenso rispetto alle sue intenzioni, che erano quelle di eliminare i familiari, secondo un piano ben organizzato, frutto dell’intelligenza di condotta dimostrata e applicata”. Pur applicando la “diminuente della minore età e le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza su tutte le circostanze aggravanti”, tra cui la premeditazione, il giudice ha deciso di comminare al giovane la pena massima in abbreviato di 20 anni, non riconoscendo dunque il vizio parziale di mente.