Il Veneto delle crisi ambientali, eredità pesante di un sistema che ha garantito benessere

Il Veneto può continuare a mantenere il modello di sviluppo che finora ha garantito benessere diffuso, ricchezza e occupazione o tutti i nodi ambientali che stanno venendo al pettine richiedono un surplus non sono di innovazione e di opere ma anche un’idea nuova di sviluppo?
Una domanda da mille milioni di euro, si potrebbe dire, forse senza risposta, o forse no. Una domanda che, in ogni caso, merita una profonda riflessione. Mancano due settimane alle elezioni regionali e nel dibattito pubblico c’è un convitato di pietra, un grande assente, se non fosse per l’impegno di gruppi di cittadini e comitati, che richiamano i candidati ad esprimersi: l’ambiente. Anzi, sono due, perchè il secondo tema, di cui non si parla abbastanza, è proprio il modello di sviluppo veneto. Val la pena quindi di mettere in fila i fatti, per inquadrare la questione. Fatti accaduti in Veneto, ma anche moltissimo fatti avvenuti proprio in provincia di Vicenza.
Miteni: l’inquinamento da Pfas
E’ stato il più grave caso di inquinamento in Europa e il prezzo lo abbiamo pagato proprio in provincia di Vicenza. Le prime informazioni che qualcosa nell’acqua da Trissino in giù non andava risalgono al 2011 e ci son voluti due anni prima che la Regione iniziasse a far qualcosa. Nel 2018 il fallimento dell’azienda, dopo la scoperta della contaminazione della falda freatica con sostanze chimiche artificiali dannose per la salute, la famiglia dei Pfas,(sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche), pericolose perchè resistono ad acqua, grasso e calore. L’inquinamento da Pfas ha messo a rischio la salute di centinaia di migliaia di persone in Veneto, da Trissino, dove aveva sede la Miteni, in giù. Quest’anno sono arrivate, in primo grado, le condanne per i vertici della società.
Pfas nella Spv
Un secondo fronte si è aperto con l’inchiesta della procura di Vicenza che ha portato ad iscrivere recentemente nel registro degli indagati 12 tecnici e dirigenti di Spv e Sis, che avrebbero usato una sostanza impermeabilizzante della famiglia dei Pfas nelle gallerie di Malo e Sant’Urbano della Superstrada Pedemontana Veneta, con ricadute di slavamento sulle acque di superficie in particolare da Malo in giù, nonchè con rischi di inquinamento nei 21 siti dove sono stati stoccate le migliaia di tonnellate di terreni e rocce ricavati dai lavori nelle gallerie. Fatti a cui si aggiunge la presenza di Pfas sopra i limiti di legge in alcuni pozzi nel Bassanese e a Caldogno, dove Viacqua ne son stati chiusi 8 su 31. C’è da scommettere che questa forma di inquinamento sarà il tema-clou da affrontare nei prossimi anni, tanto che da più parti arriva la richiesta di messa al bando di queste sostanze.
Consumo di suolo
Il Veneto è la seconda regione più cementificata d’Italia, dopo la Lombardia (dati Ispra su 2024) e la Legge Regionale del 2017, non ha invertito la tendenza. Se tutti dicono si dicono d’accordo nel fermare il consumo di suolo, difficile è trovare una “ricetta” che sia fattibile e che non abbia un prezzo da pagare. A questo si aggiungono gli interessi che ruotano attorno ai terreni ai lati della Spv, diventati appetibili e funzionali alla viabilità ma attualmente agricoli, come dimostrano i casi Baxi/Pengo a Bassano o Faresin a Sarcedo prima e Colceresa poi. Ma sviluppare imprese lungo quell’asse senza riportare a verde altre aree cementificate significa consumare nuovo suolo: come uscirne?
Polveri sottili: in Veneto al top
La Pianura Padana è fra le aree del’Europa con l’aria più inquinata, in particolare dalle polveri sottili. Eppure gli interventi pubblici per tentare di abbatterle non mancano. Le ultime ricerche dicono che provocano molte patologie respiratorie e decine di migliaia di morti in Italia ogni anno. Questioni che vengono ribadite anche dai comitati contrari, ad esempio, al potenziamento del termovalorizzatore di Schio. Stufe, auto, camion, emissioni industriali per quanto “filtrate” sono ancora un grande problema di difficile soluzione.
Quale futuro per la locomotiva d’Italia?
Tutti questo ci racconta una regione locomotiva d’Italia che ha negli ultimi anni iniziato a fare i conti con le conseguenze di uno sviluppo che dal Dopoguerra ad oggi ha prodotto benessere, ricchezza e posti di lavoro. Ma non a costo zero. Oggi che la consapevolezza è maggiore, e che i danni son più evidenti, i nodi uno dopo l’altro stanno venendo al pettine. E ci dovremo tutti, volenti o nolenti, pensare, cercando una via di uscita.
Per noi e per le generazioni future.
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