Spettacolando – Cinque voci ma un solo respiro per la serata di Peter Erskine a Vicenza

Foto di Roberto de Biasio

Nel concerto che è molto più di un preludio al prossimo Vicenza Jazz, Peter Erskine non è stato solo il grande nome in cartellone del Teatro Comunale, ma il fulcro di una formazione che ha saputo fondere esperienze, generazioni e linguaggi musicali.

E’ Riccardo Brazzale a introdurre il concerto di Peter Erskine and the Dr.Um Band feat Mike Mainieri, anche a nome di Trivellato, storico sponsor della manifestazione che in trent’anni ha regalato a Vicenza molto più di un respiro internazionale. Solo pochi anni fa Peter Erskine avrebbe lasciato più di qualche sedia vuota al Ridotto del Comunale, mentre ora riempie la sala principale al cospetto di un eccitatissimo pubblico di veri appassionati. Brazzale lo dice con umiltà e il giusto orgoglio per il lavoro svolto: ma dai suo occhi traspare felicità. La felicità di esser parte di un cambiamento  culturale, veicolo nella diffusione del jazz di qualità: il jazz studio e improvvisazione, è armonia e musica che scorre nelle vene, il jazz è vita vera.

Foto di Roberto de Biasio

La fama di Erskine nasce con i Weather Report di Joe Zawinul e Jaco Pastorius, ma si consolida poi con Steps Ahead, dove la fusion trova una forma più intima e sofisticata. Con i suoi settantun anni portati con la leggerezza di chi ha suonato in ogni possibile contesto.
Peter Erskine ci mostra come la batteria può essere molto più di uno strumento ritmico, ma voce, respiro, architettura. La sua poetica ci arriva con l’eleganza e la consapevolezza di chi tratta il palco da padrone di casa. Il drumming è preciso e mai invadente, nei dialoghi con il vibrafono di Mike Mainieri il suo tocco leggero suggeriva più che affermare, come un regista che lascia agli attori la scena ma ne controlla i tempi con discrezione.

Il vibrafonista newyorkese, classe 1938, ha portato sul palco un lirismo intatto. Con lui, Erskine ha condiviso la stagione d’oro degli Steps Ahead, e la loro intesa è ancora palpabile: due maestri che si ascoltano più che sovrapporsi, insieme sembrano danzare più che suonare.
Mainieri ha trasformato il vibrafono in uno strumento quasi orchestrale dove ogni colpo di bacchetta aveva un peso specifico, una forma: nei passaggi più meditativi, il suo suono cristallino ha dato al gruppo una dimensione quasi contemplativa, come se il jazz potesse diventare, per un attimo, musica da camera.

Foto di Roberto de Biasio

Al sassofono, Bob Sheppard rappresenta la scuola californiana più elegante e versatile. Collaboratore di Chick Corea e Freddie Hubbard, Sheppard ha portato in dote una chiarezza di fraseggio e una solidità ritmica che si sono integrate perfettamente con la visione “sobria” di Erskine.
Il pianista e tastierista francese Cédric Hanriot è stato la sorpresa della serata. Più giovane rispetto ai suoi compagni di palco, ha saputo tradurre l’eredità della fusion in linguaggio contemporaneo, miscelando piani elettrici, sintetizzatori e armonie sospese.

Matthew Garrison (suo padre è il leggendario Jimmy Garrison, contrabbassista del quartetto di John Coltrane), ha portato nel gruppo la dimensione più fisica e moderna della musica. Il suo basso elettrico, ricco di armonici e di tecnica, è stato la colonna vertebrale della Dr.Um Band: potente ma mai invadente, con un groove raffinato e preciso.
Ci si porta a casa una serata magica, in sospensione del tempo: nessuna protagonismo né virtuosismi fini a sé stessi, ma l’idea di musica come conversazione tra eguali. Se la terra che abitiamo seguisse le regole non scritte di questa esibizione, abiteremmo un giardino fiorito, nella pace di ogni giorno.

Paolo Tedeschi

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