Il caso di Nadia Chiarello si riapre a quasi 43 anni di distanza dal presunto omicidio

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...
Nadia Chiarello in una foto dell'epoca, ripresa da "Chi l'ha visto?"

Il caso irrisolto dell’omicidio di Nadia Chiarello viene riaperto a distanza di oltre 40 anni e torna ad assumere la ribalta mediatica a livello nazionale. Era il 1979 quando il corpo di una ragazza vicentina ancora adolescente, di soli 17 anni, venne ritrovato senza vita (ormai da giorni) in un fossato a Chiampo, più precisamente nella frazione di Arso a due passi dalla strada provinciale che taglia l’omonima valle. Proprio di fronte alla ditta – una conceria della zona – in cui l’impiegata, ancora minorenne, lavorava da poco tempo. Il responsabile di quella che fu additata come un’uccisione, volontaria o accidentale che fosse, non fu mai trovato.

Oggi i familiari ancora viventi tornano a chiedere conto di quell’assassinio senza ancora colpevoli nè risposte, archiviato a suo tempo dal Tribunale di Vicenza e dalle forze militari investigative impegnate nell’indagine. Si sospettò a lungo di un famigerato uomo della zona, forse un collega o un conoscente, senza mai arrivare a un nominativo su cui stringere definitivamente il cerchio. Di sicuro, non era un estraneo per lei. Un delitto, quindi, e non un evento accidentale a cui si era pensato all’indomani del ritrovamento del corpo, un presunto investimento letale. Un’ipotesi della prima ora di un incidente e di un pirata della strada fuggito senza prestare soccorso che più passava il tempo più veniva accantonata. Impossibile credere infatti che per nove giorni, lungo una via trafficata anche nel lontano anno ’79, nessuno così a lungo avesse scorto un corpo a margine della carreggiata.

A morire, sola, fu una ragazza che occhi chiameremmo teenager o poco più, lasciando a Nogarole Vicentino, il suo paese, un vuoto profondo e quesiti mai sopiti. Qualcuno che si era invaghito di Nadia, forse non corrisposto dalla 17enne, oppure qualcun alto che voleva liberarsi di chi costudiva un segreto scomodo, scegliendo il modo più cruento per metterla a tacere. Queste alcune delle ipotesi su cui lavorarono gli inquirenti di allora, senza arrivare mai a un movente certo e soprattutto senza dare un’identità a un assassino rimasto a piedi libero per anni. Forse perfino 42, quasi 43 in realtà, se ancora in vita.

La lapide che ricorda Nadia, lungo la strada provinciale che attraversa la vallata

Era infatti il 19 gennaio 1979 quando il cadavere della giovane venne ritrovato proprio in prossimità dei cancelli dell’azienda di cui era dipendente. Era scomparsa nel nulla ben nove giorni prima, il 10 gennaio, dopo aver terminato il turno di lavoro nella ditta dove lavorava da poco, felice per il nuovo impiego: le ricerche non avevano prodotto alcun esito fino a quella fredda e agghiacciante mattinata, per una scoperta che soffocò in attimi indelebili ogni residua speranza dei familiari. La causa di morte indicata dai medici legali di allora fu trascritta nel referto come trauma cranico, senza poter risalirne all’origine.

Tra questi anche una sorellina di 10 anni. Tutti loro ai tempi confidavano in un suo ritorno, oggi rimane lei, oltre all’anziana madre, da donna adulta con incancellabile quel triste ricordo di bambina, a chiedere che giustizia venga fatta in nome della famiglia Chiarello. Magari alla luce della strumentazione moderna disponibile nel 2021 e nella speranza che qualcuno che qualcosa sa, anche in maniera anonima, si decida a parlare. Proprio Barbara esponendosi ai media in prima persona Chiarello in primavera aveva lanciato un appello affinché il cold case di cronaca, con teatro suo malgrado l’Ovest Vicentino, venisse ripreso in considerazione. La donna, oggi 52enne, è stata anche ospite della nota trasmissione “Chi l’ha visto?” sulla rete pubblica Rai.

Barbara, la sorella della vittima, intervistata dalla trasmissione

Di questi giorni di metà novembre la notizia che la Procura di Vicenza ha aperto il cassetto nell’archivio di carte ingiallite dal tempo, andando a cercare il fascicolo sull’omicidio della sorella maggiore. Sui motivi alla base della riapertura e su eventuali sviluppi vige il più stretto riserbo, almeno per il momento. “Confidiamo nella giustizia – ha detto Barbara in una recente intervista, dopo aver appreso con soddisfazione e liberazione alla notizia della riapertura del caso – e in indagini più approfondite”.

Il servizio andato in onda nel corso della trasmissione, con ospite la sorella maggiore, in cerca di verità sui tanti lati oscuri.