Ditta fantasma per emettere fatture false: sequestrati 80mila euro a marito e moglie

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Guardia di Finanza

Una sede d’azienda inesistente, fatture false e un rappresentante legale che non sapeva di esserlo. Sono questi i motivi per cui la Guardia di finanza di Arzignano ha sequestrato più di 80mila euro a una coppia residente nel Veronese.

Il servizio ha preso avvio da una verifica fiscale avviata nel febbraio 2017 nei confronti di una società con sede ad Arzignano, che dichiarava di operare nel settore del commercio all’ingrosso di minerali metalliferi e metalli ferrosi. I militari delle Fiamme Gialle hanno constatato che l’impresa, costituita nel 2013, era priva di una sede effettiva, di una struttura operativa e di unità locali e non risultava avere utenze intestate, personale alle dipendenze o auto aziendali. Inoltre, è stato accertato che il suo rappresentante legale era del tutto estraneo alla gestione della stessa, essendo addirittura ignaro della propria formale investitura che, da quanto ricostruito dalla Guardia di finanza, sarebbe avvenuta attraverso l’utilizzo abusivo di una copia della sua carta d’identità, falsificata per l’occasione.

Ma c’è di più. La società, pur non avendo mai effettuato acquisti di merci o di materie prime, nel 2014 è risultata avere intrattenuto rapporti commerciali con clienti per oltre 400mila euro, salvo poi omettere di presentare le dichiarazioni e di effettuare i relativi versamenti dell’Iva. Questi rapporti commerciali sono stati dunque ritenuti fittizi, in quanto finalizzati esclusivamente a consentire l’evasione fiscale a propri clienti attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

La gestione “di fatto” della società in questione è stata attribuita a due coniugi residenti a Veronella (P. P., classe 1977, originario di Foggia ed attualmente in stato di detenzione per altre cause, e D. A., classe 1980, di Arzignano). Stando alle indagini, marito e moglie avrebbero costituito uno “schermo giuridico”, rappresentato dalla società arzignanese, per realizzare operazioni concluse, in concreto, fra altri soggetti.

All’esito delle indagini penali, coordinate dal pubblico ministero Giovanni Parolin, i finanzieri hanno dato corso al provvedimento del giudice per le indagini preliminari che dispone il sequestro dei beni e delle disponibilità finanziarie in capo alla società e del profitto-denaro nella disponibilità di entrambi gli indagati, per quest’ultimi anche “per equivalente”, fino a 81041,13 euro, che rappresenta l’importo dell’Iva evasa.