Michela, 21 anni e tanta voglia di nuotare per battere le avversarie e il diabete

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Michela Cogo in un momento di relax con uno dei due cagnolini e nel riquadro "in azione"

Michela vola. A pelo d’acqua ma vola. Verso dei traguardi bagnati da vittorie o comunque da ottimi piazzamenti un tempo impensabili per chi vive quotidianamente con un astuccio medico a portato di mano. Nuota oltre una malattia come il diabete di tipo 1 che colpisce tanti (troppi) giovani e ma fortunatamente non li costringe a smettere, a chiudersi a riccio, a non tuffarsi con un pizzico di coraggio nello sport. Michela Cogo ha preso lo slancio e splash, appena riemersa è diventata una nuotatrice di alto livello, che dalle acque dolci e clorate delle piscine ha assaporato anche il gusto amaro di quelle salate, forse perchè quel binomio dolce-diabete proprio del tutto non le andava giù.

E allora via di bracciata in bracciata come i delfini, che sia in lago o mare aperto poco importa, spesso e più che volentieri per “schizzare” su  sul podio. Con la voglia pura e genuina di mostrarsi come testimone di se stessa, di atleta di “tipo 1”, mettendo in rima la sua passione con una missione: basta dare un’occhiata dalla scorsa primavera al suo account instagram o alla sua pagina ufficiale. E chiamatela pure, con un’apprezzabile autoironia, miss sugarswimmer. Una dolce nuotatrice. Graziosa, nel fiore della gioventù e con una carica da siluro. Acquatico ovviamente.

Michela porta il suo messaggio, in punta di piedi. Bagnati ma ben saldi a terra, che si trovi su un podio a ricevere una medaglia o sulla pedana di tuffo. L’ultima fatica outdoor l’ha portata a termine un mese fa, prima che i rigori del gelo consiglino di riporre la muta termica nell’armadio. Meglio indossare un più comodo costume e riprendersi le vasche che per lei sono state trampolini di lancio. E di tuffo. In piscina Michela si allena regolarmente. Quattro volte alla settimana. Altro che malattia. E dopo una lunga giornata full time di lavoro. Ma poi ci sono anche i due amati cani, l’altra dimensione sportiva come pallavolista ora tra amici e gli affetti più cari. Tutto in vita sola. Con tempo per tutto/i, anche per quelle dosi di insulina con cui ha imparato a convivere, altro che sopravvivere.

La giovane atleta, di 21 anni, sfoggia i colori della Sport Management e vive a Roncà “a due metri dal confine con la provincia di Vicenza, ma le scuole le ho frequentate dove ho i miei amici, tra Arzignano e Montecchio” come ci racconta. Si allena nel Centro Sportivo Natatorio proprio di Montecchio Maggiore, città fra l’altro dove lavora. In questa stagione si è cimentata tra i flutti per lo più del Lago di Garda, acque non salate ma che il conto salatissimo della fatica lo presentano eccome a fine gara. Michela è veronese – glielo perdoniamo vista la simpatia e ci conceda di annoverarla tra le storie di atlete vicentine quantomeno d’adozione -, ma mai come in questo caso i confini sfumano quando si è portatori di un messaggio forte come lei e più profondo delle acque in cui nuota veloce e sbarazzina.

“L’account di instagram e la pagina facebook sono nati proprio per questo – ci spiega – per ribadire dove non posso in prima persona quello che dico a viva voce, e cioè che nonostante il diabete si può fare sport a qualsiasi livello, rassicurando soprattutto i genitori dei bambini diabetici”.

Classe ’97, analista chimica di professione, Michela è un sportiva a tutto tondo. “Il nuoto l’ho iniziato da bambina con papà fin dall’asilo e le prime gare credo già a 6 anni. Poi per tanto tempo ho affiancato anche la pallavolo, dalla seconda elementare fino alla terza media”. Un altro passaggio importante quello dalla piscina al nuoto in acque libere. “Quattro anni fa al Lago di Caldonazzo ho debuttato, mi è piaciuto subito e sono arrivata a premi con un 8° posto”. Non male per una 17enne ai tempi, impavida di certo ma tutt’altro che incosciente. Proprio on line lo ribadisce, raccontando come si fa e come non farsi scoraggiare, sfatando falsi miti e puntando sulla conoscenza, anche scientifica, per dar man forte a chi come lei deve in fine dei conti “solo” superare un ostacolo in più.

Ora l’atleta gareggia nelle categorie master dopo le varie kermesse agonistiche a cui ha partecipato fino qualche tempo fa. Ultima gara disputata a Desenzano sul Garda con un prezioso terzo posto (settima assoluta). A Sirmione e Salò lo scorso mese di giugno, su tracciati di 1,8 km e 3 km, le due vittorie da medaglia d’oro.

Le diverse sensazioni in vasca e in mare (o lago) aperto, in due ambienti diversi? “In piscina bene o male sei sempre nello stesso posto, quando ti alleni al chiuso e quando fai gare relativamente corte, non riesci a viverle davvero. Quando invece sei in acqua per nuotare i 3 mila la senti come una specie di sei tu contro tutti, maschi e femmine e pure ti prendi un sacco di botte – ride raccontandolo – alla partenza. Qui ti senti libera, se guardi sotto non vedi il fondo e devi contare solo su di te e questo fa da molla per provare a vincere. Mi stimola molto di più”.

Michela ha cominciato presto, e già a 8 anni si è dovuta adattare – mai ad arrendersi – a nuotare con un fardello in più. Quello di una patologia autoimmune che blocca la produzione di un ormone necessario per vivere, meglio conosciuto come insulina. E impossibile da capire appieno in terza elementare. “Mi ricordo bene quel momento, quella sera scoppiai in lacrime in ospedale. Quando ho capito che dovevo bucarmi ogni giorno, che potevo svenire etc, non è stato facile. Poi per fortuna sono stata rassicurata, mi sono presentata all’allenamento successivo ed è andato tutto bene. I miei genitori e l’allenatore mi hanno sostenuto, poi per fortuna non ho mai avuto problemi e se c’è qualcosa che non va lo sento, esco dall’acqua e vado a controllare e poi rientro. Basta una caramellina, è sempre pronta all’evenienza”.

Il messaggio ai bambini alle prese con uno scoglio di vita, come la Michela di allora, forte della tua esperienza? “Se hai una passione grande come lo sport, non mollare. Ci saranno tanti sacrifici quotidiani, come controllare la glicemia, ma non bisogna mai ascoltare chi ti dice ‘non si può’, chi ti scoraggia. Purtroppo ci sono ancora persone che pongono dei limiti ai diabetici, sbagliando”.

Con la stagione invernale alle porte, ora riparte la trafila indoor in piscina dove l’atleta vicentina d’adozione punterà non tanto ai titoli di categoria – “non mi piacciono le medaglie facili”, ci confida – ma quelli assoluti. Di fatto, un modo per mantenersi in forma e contribuire ai successi del club di cui fa parte integrante. “Ma penso già a giugno”, il che è come dire che non vede l’ora di rituffarsi dove il fondo del mare è invisibile e il cielo invece sì.