Nel Vicentino circa 500 lavoratori agricoli irregolari. I sindacati: “senza diritti e dignità”

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Una recente immagine di Andrea, segretario di Flai Veneto

Un esercito di 10 mila persone in Veneto, delle quali almeno 500 stimate nel territorio vicentino. Sono questi i numeri diffusi dai sindacati afferenti alla Cgil e che riguardano i preoccupanti casi riscontrati di lavoratori irregolari nel settore agricolo. Gente che fatica sui campi, tra coltivazioni e serre, che non possono contare sulle tutele sancite dai contratti di lavoro e dalle norme. Per i sindacati di riferimento, “non si possono ancora lasciare queste persone senza diritti e senza dignità”.

Una denuncia pubblica che porta con sè anche un richiamo alle imprese del compartimento agricolo, ricordando alle aziende sorte nelle campagne venete che il decreto 34/2020 consente di regolarizzare queste figure “fantasma”, con importanti vantaggi per le imprese.

Due i portavoce designati dalla sigla Flai, la federazione dei lavoratori per l’agroindustria, che si stanno occupando di gestire i diritti dei lavoratori del settore e promuovere la loro regolarizzazione in Veneto, sotto l’egida della Cgil. “Il Governo ha varato un dispositivo normativo di emersione dal lavoro irregolare – spiegano Andrea Gambillara e Giosuè Mattei – in conseguenza della situazione sociale mutata in ragione dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Si tratta dei settori agro-alimentare e dell’assistenza e cura alla persona. Il Veneto ha bisogno di questo strumento, non solo per la condizione di colf e badanti, ma per molte realtà del lavoro, a partire dall’agricoltura che è stata oggetto di analisi e studi scientifici effettuati da centri di ricerca indipendenti, che raccolgono dati inconfutabili”.

“Le banche dati di Istat, Inps, Inea e Veneto Lavoro – sottolineano i segretari di Flai Cgil – definiscono, tra gli altri parametri, la quantità e la composizione dell’occupazione veneta in questo settore, dimostrando come l’irregolarità contrattuale nell’agricoltura veneta si attesti da un minimo del 16% fino a valori maggiori in alcune province inseguendo la media nazionale, purtroppo ancora più alta. Stiamo perciò parlando di una platea di circa 10 mila lavoratori irregolari per la sola agricoltura – denunciano Gambillara e Mattei -, una presenza dconfermata anche dai rapporti annuali sull’attività di vigilanza elaborati dagli Ispettorati Territoriali del Lavoro. Un’agricoltura responsabile che guarda al futuro non può considerare positiva e perpetuabile questa condizione. E’ importante – questo l’appello a firma congiunta – che il decreto attuativo sia approvato al più presto e sia le organizzazioni sindacali che datoriali devono fare pressione affinché ciò avvenga”.

Una nota a parte sulla situazione dei migranti richiedenti asilo che, spesso, costituiscono la forza lavoro più ricercata per impiegarla con compiti di braccianti temporanei nei campi. Sfruttati con ritmi di lavoro di 10/12 ore al giorno per compensi che oscillano tra i 400 e i 600 euro mensili. “Nella realtà agricola veneta e vicentina la presenza di richiedenti asilo è rilevante. La loro condizione di regolarità (legale permanenza nel territorio e contratto di lavoro) non offre però certezze nel tempo più lungo, con ricadute negative sia sugli stessi soggetti, sia verso le aziende che li impiegano e che vorrebbero poter continuare nel rapporto anche in ragione della professionalità acquisita. In questo caso il Decreto offre la concreta possibilità di superare l’incertezza con la presentazione dell’istanza di regolarizzazione a maggior ragione se hanno già un rapporto di lavoro sussistente, senza dover attendere le evoluzioni della richiesta di riconoscimento internazionale e senza altri costi oltre il contributo forfettario previsto dall’art. 7 del Decreto (500 euro)”.