Spettacolando – Il ritorno dei Modà e del romanticismo di cui abbiamo ancora bisogno

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Foto di Paolo Tedeschi

La serata del 30 ottobre alla Kioene Arena di Padova è stata una celebrazione dell’anima romantica della musica italiana e un giorno sarà oggetto di studio quanto certe commedie dei Vanzina, possiamo starne certi.
I Modà come gruppo sono nati nel 2002 ma lo stile anni è puro anni ‘ 90, nella musica, nei testi e nel mood. E quando Kekko Silvestre è salito sul palco è stato come entrare  a occhi chiusi nella macchina del tempo.

Il pubblico è variegato, anche se gli under 30 si contano sulle dita di una mano: in realtà hanno tra i 10 e i 15 anni e con ogni probabilità sono stati costretti ad accompagnare mamme nostalgiche .

“La notte dei romantici – Il tour” racconta tutto in poche parole. I denigratori dicono che i testi sono stucchevoli e imbarazzanti, ma noi eravamo lì a cantare a squarciagola eccoci qua, a guardare le nuvole, sotto un cielo di fragole. La canzone prosegue così: come si fa/a spiegarti se mi agito/e mi rendo ridicolo. Ed è qui il punto: la magia dell’emozione scatta quando si riesce a scrivere e cantare una canzone onesta e sincera, mettendosi a nudo, correndo il rischio di sentirsi ridicoli. Perché il coraggio di dire quello che si sente senza abbassare lo sguardo, di prendere i propri scheletri e tenerli in mano invece di chiuderli nell’armadio, di dire quello che si ha in testa ( e nel cuore) ben sapendo di poter ricevere secchiate in faccia o (peggio) silenzi e sbeffeggiamenti, merita rispetto.  Se poi lotti per i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti, può arrivare anche quell’apertura che tutti cerchiamo: essere considerati, o almeno visti. E magari ricevere applausi su un palco di fronte a diecimila persone.

Questo è il sentimento che accomuna la band al suo pubblico e Kekko Silvestre non svela certo il segreto della vita quando dice che le luci colorate della finzione non ci fanno stare meglio, né ci rendono più felici. Le parole, i gesti, qualunque essi siano, hanno un valore e arrivano a emozionarci solo quando sono reali, e quelli dei Modà lo sono.
Poco importa i loro testi non hanno la poetica visionaria di quelli di Dalla o la profondità di De Andrè. Sono pensieri e vibrazioni vere: sono quelli della commessa di un negozio del centro, di un operaio di un’acciaieria, del panettiere e della parrucchiera. Sono quelli di chi vive in affitto, sta attento alla bollette ed è contento con una pizza calda con una birra fredda, anche da asporto. Sono quelli che sentiamo quando usciamo a fare una passeggiata o mangiamo una pasta a casa e ci buttiamo stanchi sul divano, senza la voglia di uscire di casa. Sono quelli della coda al supermercato o in posta, di un aperitivo o un caffè, di una lezioni di pilates o di un’attesa di un figlio davanti a scuola. Sono quella normalità che i social ci hanno convinti fosse roba da sfigati, di cui cerchiamo il calore solo quando l’abbiamo persa e sentiamo le mani e i piedi freddi. Sentendoci soli.

Nel palazzetto guardiamo i nostri simili ed è questo l’aspetto più bello di un concerto così, che non è solo canzoni da cantare ma un abbraccio che ti arriva da lontano e ti stringe forte.
Kekko Silvestre si prende il tempo di cantare una canzone dedicata alla figlia (Gioia) , alla moglie bellissima ( Non ti dimentico) , di un duetto con il chitarrista dei Tazenda che ha sposato la sorella e che adesso suona coi Modà.
Arriverà è la canzone che ci regala un po’ di quella speranza che andiamo a raccattare in giro, ovunque ce ne sia anche solo una briciola.
Come un pittore  è la quella con cui ci dice Ciao, semplicemente, ciao/Disegno l’erba verde come la speranza/E come frutta ancora acerba/E adesso un po’ di blu/Come la notte/Il bianco come le sue stelle/Con le sfumature gialle. Banale? sì, forse. Sempliciotta? Probabile. Certo è che nessuno se l’è chiesto mentre la cantavamo sorridenti, né quando siamo tornati a casa, più leggeri e più sereni. Neanche così male, no? Un concerto dei Modà può essere più terapeutico di un paio di sedute dall’analista.

 Paolo Tedeschi

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