Spettacolando – La Baccanti di Anagoor scuotono anime e coscienze

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foto di Roberto De Biasio

Il 18 e 19 ottobre è stato presentato in prima assoluta al Teatro Olimpico di Vicenza una rilettura de Le Baccanti di Euripide. In questa nuova creazione, realizzata per il Teatro Stabile del Veneto, Anagoor ha guidato gli allievi dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni, immergendoli in un’esperienza che ha unito rito, poesia e teatro; estasi e sovversione. Uno spettacolo inserito nel 78° Ciclo dei Classici.

Compagnia vincitrice del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2018 ma anche collettivo e laboratorio aperto in continua evoluzione, Anagoor è una delle realtà più originali e rigorose della scena contemporanea. A Vicenza ha presentato una rilettura audace e visionaria di Le Baccanti.

Lo spettacolo stravolge e rivisita le barriere tra antico e contemporaneo, verità e finzione,  trascendenza e potenza immaginifica.  Le protagoniste non sono più (solo) figure mitiche, ma interpreti di una trasformazione  dove umano e divino si fondono.
Cercare la comprensione del mito mentre Le Baccanti diventano vertigine, è un esercizio complesso e forse forviante, che rischia di allontanarci dal richiamo selvatico e disperato che vibra tra le arcate palladiane come un canto lontano e necessario. Solo l’assenza di Dioniso ci riporta a un senso di realtà.

E’ uno spettacolo di corpo e visione, poesia e tempesta, tragedia che si fonde con suoni elettronici, luci stroboscopiche, corpi in movimento continuo: un sabba contemporaneo che somiglia a un rave sacro.
Il bosco delle Baccanti diventa una notte urbana, scura e pulsante. I giovani interpreti dell’Accademia Carlo Goldoni si muovono come un coro di creature smarrite e potenti, trascinando chi guarda in un flusso ininterrotto di emozioni e visioni. Lo spettacolo non si limita a raccontare: travolge, immerge, costringe a sentire. Non c’è conforto nel mito, ma una domanda che risuona: cosa resta oggi del sacro, della follia, dell’estasi? Cosa succede quando proviamo a reprimerla?

Anagoor richiede abbandono, non comprensione; presenza, non distanza. Ma il senso del mistero che abbiamo sentito addosso per tutto lo spettacolo di schiude alle luce che illumina i volti degli interpreti: i loro occhi, le espressioni dei loro visi sciolgono ogni dubbio d’interpretazione. Il grido disperato non può esser messo a tacere. Mai. Mai più.

Paolo Tedeschi

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