The Lighthouse: l’isolamento e il terrore 

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Luce ed ombra. La luce forte, spesso abbagliante. L’ombra, nera e oscura. Seppur in netto contrasto tra di loro, queste due hanno una cosa in comune: possono disorientare. È un po’ quello che fa con lo spettatore l’ultima fatica del regista statunitense Robert Eggers. Un gioco di luci ed ombre che affascina, inquieta e potrebbe arrivare a inorridire il pubblico più sensibile, mostrando una violenza sì fisica, ma soprattutto psicologica.  

La storia pare delle più semplici. Due uomini si isolano per quattro settimane per sorvegliare un vecchio faro che illumina l’oceano e guida le imbarcazioni. I due non si conoscono, ma già dai primi istanti si riescono a scorgere i rapporti rozzi e asimmetrici tra un vecchio capitano zoppo e un giovane intento a lasciarsi il passato alle spalle.

Il vecchio capitano, interpretato grandiosamente da Willem Dafoe, è un uomo rude e preponderante, il tipico esempio di vecchio lupo di mare che si rivela a tratti profondamente poetico, quasi fosse il capitano Achab di “melvilliana” memoria. Il giovane, interpretato da un sempre più sorprendente Robert Pattinson, è invece la figura subordinata o che meglio si lascia subordinare dal vecchio capitano e, pur sembrando la figura più dedita alle regole e al lavoro, si intuisce che egli nasconda qualcosa. Forse una colpa che non si riesce a perdonare. 

Le aspettative per questo film erano decisamente alte (forse troppo), eppure mi sono sentito appagato e compiaciuto nel vedere un film nel vecchio formato 4:3 in bianco e nero. Una scelta che forse voleva omaggiare il cinema pre-CinemaScope e non solo. 

Per un appassionato di cinema i riferimenti possono essere tanti, dal cinema espressionista e surrealista, da David Lynch a Wes Anderson. La profondità di campo, le inquadrature simmetriche, i primi piani, i tagli di luce, le infinite tonalità di grigi che questo film usa, sono tutti elementi splendidi che rendono “The Lighthouse”, sotto l’aspetto visivo, veramente stupendo.  

Quindi nulla da dire sulla regia di Eggers che si rivela essere nuovamente un regista che sa dove posizionare la macchina da presa e sa inquietare e trasmettere tensione, attraverso un montaggio che non ha bisogno di stacchi improvvisi per spaventare, ma si limita semplicemente di mostrare le inquadrature e il loro tetro contenuto.

Di fatto “The Lighthouse” prende la situazione dell’isolamento per parlare di molte cose, ma soprattutto della colpa che spesso fuggiamo, cercando disperatamente di rimediarvi egoisticamente attraverso vie erronee, tra cui appunto il volersi isolare, prendendo le distanze dal problema, dedicandoci a tutt’altro. D’altra parte giunge inevitabile che il problema venga prima o poi dissotterrato o che comunque ci tormenti ed è lì che il nostro giovane protagonista raggiungerà un  punto critico. L’isolamente voluto diventerà la sua prigione e la luce del faro sembrerà metaforicamente l’unica ancora di salvezza per i suoi peccati.

Un film da approfondire e che mi sono limitato a presentarvi. Purtroppo il grande interesse ha portato alcune delusioni in molti contesti critici e cinematografici e il non poterlo vedere in sala è stato sicuramente un costo alto per gli amanti del genere, perché non si può ammirare la grandiosità di un film come “The Lighthouse” su un comune schermo televisivo o, peggio, sul monitor di un computer. Purtroppo è questa la sorte che ci è toccata ed io mi ritengo fortunato ad averlo potuto gustare proiettato, perché, modestia a parte, la proiezione aggiunge molto sapore a titoli che, visti con altri mezzi, sembrerebbero insapore.

“The Lighthouse” di Robert Eggers è disponibile per l’acquisto o il noleggio su diverse piattaforme streaming e purtroppo per i collezionisti pare che l’edizione home-video italiana non verrà pubblicata. Il primo segnale che anche i supporti fisici andranno probabilmente a finire col tempo nel dimenticatoio.