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Le nuove sanzioni americane sul petrolio russo, sono state definite “un atto ostile” degli Usa dal presidente russo che, però, ha precisato, non avrà ripercussioni sull’economia del Paese. ”Lo vedremo tra sei mesi” ha risposto Trump.
Anche secondo molti analisti le sanzioni americane non “morderanno” davvero, a meno di introdurre anche sanzioni secondarie. Il vero “strappo” è il rinvio del vertice di Budapest, concordato nella telefonata del 16 ottobre scorso tra il presidente americano e il presidente russo. Un incontro tra il presidente americano Trump e il leader del Cremlino Putin ”non è completamente escluso” ha dichiarato ieri sera la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo che ”credo che il presidente e l’intera amministrazione sperino che un giorno ciò possa accadere di nuovo”.
Le sanzioni contro Rosneft e Lukoil sono “importantissime”, ma Mosca “non si aspettava che il no al vertice di Budapest venisse messo così nero su bianco”, bloccando apparentemente anche i preparativi dietro le quinte per quell’incontro. Che, dopo il fallimento del summit di Ferragosto in Alaska, si presentava ancora di più in salita.
“Per il presidente russo questa guerra rimane esistenziale ed è pronto a sopportare molto”, sostiene Tatiana Stanovaya, fondatrice della società di analisi politica R.Politik, citata dal New York Times. “Le sanzioni sono controproducenti, abbiamo sviluppato una solida immunità”, ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, avvertendo che il risultato “sarà disastroso per la politica interna americana e per la stabilità dell’economia mondiale”.
Intanto la Cina prima dichiara di opporsi alle misure unilaterali poi, riferisce la Reuters, sospende gli acquisti di petrolio russo. Anche l’India, la maggior acquirente di greggio russo trasportato via mare, è pronta a ridurre drasticamente le importazioni.